Cinema

L’adrenalina, l’energia, le vertigini. Indiana Jones è tornato tra mito e magia. A Ford a sorpresa la Palma d’oro d’onore

di Anna Maria Pasetti

L’adrenalina, l’energia, le vertigini. Ma anche la nostalgia, le emozioni e la benedetta sensazione di tornare adolescenti. In altre parole, Indiana Jones è tornato, e la sua leggenda si conferma solida nell’olimpo del Cinema dei Sogni. Insieme all’iconico eroe archeologo munito di cappello e lazo all’occorrenza, è tornato al Festival di Cannes il suo mitico interprete, Harrison Ford, portato in trionfo come è giusto che sia, e celebrato – a sorpresa da Thierry Fremaux – con una Palma d’oro d’onore.

Qualcosa che ha visibilmente commosso il divo americano, ormai 80enne, ma immutato nel suo sguardo amichevole e nel portamento di un ragazzo, il “ragazzino della porta accanto”. “Una gioia indescrivibile. Non riesco neppure a esprimerla. È stato straordinario rivedere la mia vita nel cinema scorrere davanti sullo schermo. Sono felice di questo senso di comunità che avete costruito attorno a me con un calore inimmaginabile. Mi fate stare bene” ha commentato l’attore alla conferenza stampa del film.

Targato ovviamente Lucas Film (con la produzione esecutiva dello stesso George e del sodale Steven Spielberg), distribuito naturalmente da Disney (che lo porterà nei cinema italiani dal 28/6) e posto fuori concorso, l’attesissimo Indiana Jones e il quadrante del destino diretto da James Mangold ha vinto la sfida e superato il rischio del “back to the future”: acclamato dal pubblico cannense, ma anche apprezzato dalla critica che sa guardare il vintage meta-blockbuster con bonarietà, il nuovo capitolo del franchise poteva scadere nel minestrone del deja-vù, e invece ha saputo guardare “in avanti e indietro” (letteralmente) nel tempo, rimanendo se stesso ma senza diventare.. un vecchio pezzo da museo. Benché sia chiaro che “è arrivato il momento di lasciare che Indy se ne vada.. non è evidente amici miei?” ha scherzato Ford indicando con le mani il proprio viso invecchiato.

“Non avrei potuto essere più soddisfatto con questa sceneggiatura, questa regia e questi compagni di lavoro in generale per il gran finale di Indiana Jones, tutto sembra essere composto per farmi felice, non posso che ringraziare. In questo film, come in tutta la saga di Indiana Jones, mito e magia appartengono alla stessa scatola. Ma quando ci sono le persone tutto diventa reale, credetemi” ha continuato Harrison, circondato da parte del cast composto da star che vanno da Mads Mikkelsen all’eroina di Fleabag Phoebe Waller-Bridge, da Tobey Jones ad Antonio Banderas, da John Rhys-Davies all’immancabile Karen Allen nei panni di Marion.

Senza svelare i twist di quest’ultima avventura del professor Jones, si può rivelarne la capacità di intrecciare elementi iconici inseriti nelle trame dei vari capitoli del franchise in una rielaborazione innovativa, ovvero in grado di attirare le nuove generazioni abituate a buchi neri e metaversi. Dalla II Guerra Mondiale agli anni ’70, passando per epoche inimmaginabili così come territori seminali per l’archeologia, dal Marocco alla Grecia fino alla nostra Sicilia. Insomma, un classico pezzetto di Hollywood che riunirà auspicabilmente il pubblico planetario nelle sale cinematografiche.

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