Gli agenti dell’FBI, secondo quanto riportato dal giornalista, sarebbero in possesso di un campione di Dna “parziale” dell’uomo, campione che basterebbe a ricondurlo agli omicidi commessi: cinque per la precisione, tutti compiuti nel nord della California. O almeno cinque sarebbero quelli di cui è ufficialmente accusato dagli inquirenti, ma il numero reale potrebbe invece assestarsi tra i 20 e i 28 omicidi: il serial killer ha sostenuto a più riprese, nelle sue lettere inviate ai giornali, di aver compiuto 37 uccisioni.
Il campione in possesso dell‘FBI – a detta del giornalista – non sarebbe stato sufficientemente esaminato quando Poste era ancora in vita, e tuttavia anche oggi l’Agenzia Governativa non ha mai dichiarato ufficialmente di aver risolto il caso. È il 2021 quando il gruppo investigativo Case Breakers, un team indipendente di 40 ex investigatori delle forze dell’ordine, riuscì a risalire a Poste come principale sospettato di almeno cinque omicidi avvenuti tra il 1968 e il 1969 nella Bay Area, a San Francisco, adducendo diverse prove che avrebbero incastrato l’uomo, e addebitandogli anche un sesto omicidio, che sarebbe poi stato smentito dall’FBI. A detta del gruppo investigativo la Polizia Federale avrebbe perso un’occasione per catturare il killer, ignorando le prove messe in evidenza e finendo per gestire molto male il caso.
L’FBI è intervenuta su Fox News, limitandosi a parlare del caso come “aperto e irrisolto”, senza rilasciare altre dichiarazioni, ma invitando solo al “rispetto per le vittime e per le loro famiglie”: adesso sono i Case Breakers a chiedere una revisione del caso.