A quattro giorni dal secondo anniversario della tragedia, la Procura di Verbania ha chiuso l’inchiesta in vista della richiesta di processo per 8 indagati per la tragedia del Mottarone. Il 23 maggio 2021 la caduta di una cabina dell’impianto a fune di Stresa, che poi rotolò sul pendio, provocò la morte di 14 persone. L’unico sopravvissuto è Eitan, che ora ha sette anni: nell’incidente ha perso il padre Amit Biran, 30 anni, la madre Tal Peleg, 26, e il fratellino Tom, 2 anni. Destinatari dell’avviso di conclusione indagini, oltre alle due società, sono Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio, e, per Leitner, incaricata della manutenzione, Anton Seeber, presidente del CdA, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. Si va verso l’archiviazione per 6 tecnici esterni la cui posizione è stata stralciata. Le indagini, condotte dai carabinieri, sono state coordinate dal Procuratore di Verbania Olimpia Bossi e dal pm Laura Carrera. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso.

Le contestazioni agli indagati – Nell’avviso di chiusura indagini la procura parla di “mancata esecuzione dei controlli a vista mensili sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello (testa fusa). I controlli avrebbero consentito, secondo la procura, “di rilevare i segnali del degrado della fune” e di portare alla “dismissione della fune” stessa. La fune si è invece deteriorata fino a rompersi in corrispondenza della testa fusa “punto in cui la fune presentava il 68% circa dei fili” con “superfici di frattura”. La cabina della funivia del Mottarone è crollata dopo la rottura della fune traente, e senza che i freni d’emergenza entrassero in azione perché inibiti dai ‘forchettoni’ inseriti. Al gestore Luigi Nerini e a Gabriele Tadini ed Enrico Perocchio è contestato per questo il reato di “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. Secondo la procura, mentre Tadini ha “materialmente” inserito i cosiddetti ‘forchettoni’ per inibire i freni di emergenza, Nerini e Perocchio hanno agito “avallando” la decisione e “rafforzando la determinatezza del capo servizio“.

Per Tadini e Perocchio ci sarebbe per i pm anche il reato di falsificazione di atto pubblico: secondo la procuratrice Bossi e la pm Carrera, Tadini “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” non segnalava “nella apposita sezione del registro giornale” un “episodio di accavallamento della fune traente sulla fune portante” del 18 marzo 2021 né riportava annotazioni sui “ripetuti episodi di perdita di pressione del circuito idraulico della cabina n.3″, quella crollata, “registrati anche a seguito degli interventi sollecitati ed effettuati dalla ditta Rvs srl” tra febbraio e maggio 2021. Perocchio è coinvolto perché era tenuto a controfirmare li registro giornale e presente sull’impianto almeno una volta al mese. L’episodio del 18 marzo era a lui “certamente noto, essendo stato presente sull’impianto durante le operazioni di risoluzione del problema”.

La mancata vigilanza sui controlli a vista mensili è imputata anche a Rabanser, responsabile per Leitner degli impianti a fune, Seeber e Martin Leitner, rispettivamente presidente e vicepresidente, consiglieri delegati componenti del consiglio di gestione di Leitner e datori di lavoro di Perocchio, che “mantenevano in esecuzione il contratto di manutenzione stipulato tra Funivie del Mottarone e Leitner in data 29 aprile 2016, nonostante lo stesso fosse da ritenersi strutturalmente inadeguato“. Inoltre i vertici di Leitner non avrebbero vigilato “adeguatamente affinché il servizio di direzione di esercizio “fosse prestato in conformità” alle norme, con riferimento alla programmazione e predisposizione “controlli a vista mensili”.

La procura di Verbania contesta alla società Ferrovie del Mottarone srl l’illecito amministrativo come conseguenza dei reati di omicidio e lesioni colposi perché agiva “nel suo interesse e a suo vantaggio”, consistente “nel risparmio derivante dai mancati o, comunque, insufficienti investimenti, anche in termini di assunzione del personale”, che erano invece “necessari per garantire le previste periodiche attività di controllo e di manutenzione dell’impianto a fune e nel conseguente incremento degli utili distribuiti all’unico socio”.

Leitrer spa in una nota scrive di accogliere “con grande stupore la comunicazione di chiusura delle indagini da parte del pubblico ministero con la quale si configurano responsabilità a carico dei vertici dell’azienda e dell’azienda stessa. Stupisce che all’azienda e ai suoi vertici venga contestata l’omessa vigilanza dell’operato del direttore d’esercizio quale pubblico ufficiale, vigilanza che per legge spetta agli uffici pubblici preposti (Ustif)”.

Il fermo, la mancata convalida e i domiciliari – Dai primi e accertamenti, in base ai racconti delle persone informate sui fatti e e al materiale sequestrato, subito erano emersi i due temi centrali: il cavo tranciato e mancato funzionamento del sistema frenante di sicurezza dovuto all’inserimento dei cosiddetti forchettoni per evitare che la cabina, poi precipitata con a bordo i passeggeri, si bloccasse durante la corsa. Per questo Nerini, Perocchio e Tadini sono stati fermati dai pm nella notte tra il 25 e il 26 maggio 2021. Ma il gip, ritenendo non ci fossero i presupposti (il pericolo di fuga), non ha convalidato il fermo: la sera del 29 maggio ha rimesso in libertà i primi due e ordinato gli arresti domiciliari solo per Tadini riconoscendo nei suoi confronti i gravi indizi in base alle prime testimonianze. Una decisione che, per una questione formale, ha aperto uno scontro tra toghe arrivato a fino al Csm, mentre il procedimento è stato riassegnato a un altro giudice.

Qualche mese dopo il nuovo gip ha accolto la richiesta di incidente probatorio e nominato due collegi di periti per far luce sulle cause dell’incidente. Nel contempo la Procura ha iscritto nel registro degli indagati altre 11 persone: Leitner con i suoi vertici, la società Ferrovie del Mottarone in qualità di ente e un gruppo di 6 tecnici, quelli ora stralciati in vista della richiesta di archiviazione, dipendenti di aziende super specializzate che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e pure colui che ha realizzato la testa fusa della funivia.

Le perizie, depositate nel settembre scorso e che hanno poi indotto gli inquirenti a sfoltire l’elenco degli indagati, hanno ricostruito le carenze nei controlli e nella gestione dell’impianto: hanno rilevato che la fune era corrosa ben prima dell’incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. E poi l’uso costante dei forchettoni che non ha lasciato scampo. Nell’incidente, avvenuto circa alle 12.15 del 23 maggio, hanno perso la vita 14 persone, tra cui due bambini. Solo il piccolo Eitan, all’epoca cinque anni, è sopravvissuto. Martedì 23 maggio alle 11 si terrà una messa in cima al Mottarone per commemorare le vittime della strage.

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