Ci risiamo, ancora una volta il settore delle telecomunicazioni mette in agitazione migliaia di dipendenti. Wind e Vodafone, due colossi italiani delle telecomunicazioni, hanno annunciato l’intenzione di attuare grandi piani di trasformazione societaria, che pongono domande sulla stabilità occupazionale dei dipendenti coinvolti.
Wind intende procedere con la cessione della rete, già entrata nel vivo con l’attivazione della procedura obbligatoria di informazione sindacale, in occasione della quale l’azienda ha fornito una serie di informazioni sulla cessione attinenti al futuro lavorativo dei dipendenti coinvolti, che saranno circa duemila! Dove confluiranno i lavoratori ceduti? Qui giustamente viene il mal di mare, perché a quanto pare verrà creata, proprio dalla cedente Wind, una cosiddetta newco (nuova società) le cui quote verranno successivamente cedute per il 60 percento a un fondo svedese (Eqt), mentre il restante 40 percento verrà acquistato dal gruppo internazionale CK Hutchison.
In pratica, Wind prima crea una società da essa stessa controllata, ci trasferisce dipendenti e assets da essa stessa individuati, per poi cedere le quote della società, e dunque anche i dipendenti, al mondo della finanza internazionale. Si può solo immaginare la gioia dei lavoratori coinvolti.
Vodafone ha invece annunciato – per il tramite del suo nuovo capo Margherita Della Valle – il taglio di 11mila posti di lavoro in tre anni, altrimenti detto “piano di semplificazione”. Attenzione, la riduzione del personale riguarderà tutto il gruppo, quindi impatterà sui lavoratori di diverse parti del mondo, non solo su quelli italiani. Le informazioni sono ancora scarse, ma annunciare tagli significa annunciare licenziamenti. Quando le aziende optano per altre tipologie di uscite del personale alternative al licenziamento – esodi incentivati, prepensionamenti, esternalizzazioni, ecc. – in genere utilizzano il termine “efficientamento”. Per un’analisi un minimo puntuale occorre probabilmente attendere il nuovo piano industriale.
Tornando alla cessione della rete Wind, che secondo i piani avverrà a ottobre 2023, è bene che i lavoratori si rendano conto che ogni cessione, ogni esternalizzazione, porta con sé dei rischi che devono essere attentamente valutati. Rimandando a una breve guida informativa che ho creato per rendere agevole ai lavoratori la comprensione del fenomeno, qui vale la pena evidenziare alcune cose.
Anzitutto, né i sindacati né i lavoratori possono bloccare il trasferimento deciso dall’azienda, e ciò in virtù dell’applicazione dell’art. 2112 c.c.. Ciò ha spinto negli anni migliaia di lavoratori di diversa estrazione e categoria produttiva a ricorrere in giudizio contro l’applicazione stessa della norma di legge citata, l’unica che infatti consente il trasferimento di uno o più dipendenti presso un altro datore di lavoro senza il loro consenso.
Va inoltre sottolineato che il termine “societarizzazione”, tanto in uso nel linguaggio sindacale quanto in quello giornalistico, potrebbe trarre in inganno i lavoratori, poiché potrebbe sembrare un fenomeno differente dalla cessione, ovvero dalle esternalizzazioni. In verità, altro non è che una operazione di cessione ai sensi dell’art. 2112 c.c., quindi uguale a tutte le altre, che però viene realizzata in favore di una società costituita appunto ad hoc in occasione del trasferimento, possibilmente controllata proprio da chi cede il ramo d’azienda. La societarizzazione, che in tal senso non ha un valore giuridico in sé, presuppone dunque una operazione di outsourcing con tutte gli effetti giuridici previsti dall’art. 2112 c.c. in tutte le altre ipotesi di esternalizzazione, per esempio cessioni a società già esistenti e operanti sul mercato.
Insomma, societarizzazione (cessione di attività e dipendenti) ha bene o male lo stesso valore di efficientamento (cessioni, esodi incentivati, ecc.), in entrambi i casi si tratta di termini utilizzati per rendere più digeribili operazioni di espulsione del personale che possono incidere negativamente sul benessere dei lavoratori, perché nella sostanza si traducono nella fuoriuscita del personale dalla grande azienda.
La consapevolezza maturata dai lavoratori nel tempo – ho partecipato a tantissime assemblee – ha generato un contenzioso pazzesco, e credo sia arrivato il momento che la politica affronti il problema, perché la magistratura è solo l’ultima spiaggia e non la soluzione. Tra l’altro, in molti casi il mondo delle telecomunicazioni anticipa tendenze evolutive che poi travolgono altri settori, per cui va osservato con molta attenzione, da tutti i lavoratori, da tutti i sindacati e da tutti i politici.