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Dal bullismo alla bulimia, l’oro Minisini si racconta: “A scuola mi chiamavano ‘sincrofr**io’. Da un mese combatto contro la depressione”

Storia di pregiudizi, rivincite e rinascita. L'atleta, sul podio mondiale del nuovo sincronizzato, ha parlato di sé in una lunga intervista al Corriere della Sera, raccontando dei pregiudizi a scuola, della lotta contro la bulimia e della lenta riconquista della normalità

di Francesco Canino

Storia di pregiudizi, rivincite e rinascita. Giorgio Minisini è sul podio mondiale del nuovo sincronizzato, uno dei primi tre uomini al mondo che hanno gareggiato in solitaria in una disciplina che viene immediatamente collegata all’universo femminile. La sua storia agonistica comincia da lontano, ma la consacrazione vera è arrivata nell’estate del 2022, ai Mondiali di Budapest, con il doppio oro nel Duo Misto con Lucrezia Ruggiero e, poco dopo, agli Europei di Roma con il trionfo anche nel Solo, aperto per la prima volta agli uomini. “Non è facile provare a competere in un campo tradizionalmente riservato alle donne”, racconta al Corriere della Sera, in un’intervista a cuore aperto in cui parla del bullismo subito, degli insulti e, per la prima volta, della depressione e della bulimia.

LE BATTUTE OMOFOBE E LA CARRIERA IN ASCESA – Il campione di nuovo sincronizzato ha deciso di raccontarsi, tra privato e pubblico, in un libro dal titolo Il maschio, appena uscito con Sperling & Kupfer. È tra quelle pagine che emerge il lato inedito di Giorgio Minisini, tra fragilità, sacrifici e una carriera inarrestabile. Più il suo successo aumentava, più le battute, il pregiudizio velato di omofobia, le allusioni crescevano. “Un giorno a scuola un bullo mi si avvicinò e disse: ‘Ma tu sei quello che fa i balletti in acqua con le paillettes e i brillantini?’. Fu quella la prima di una lunga serie di umiliazioni. Mi chiamavano ‘sincrofrocio’, oppure ‘checca’”, svela al Corriere. Poi aggiunge: “Io sono etero, non avrei problemi a dirmi omosessuale se lo fossi. Mi piacciono le donne ma non pensavo che questo sarebbe stato un punto importante nella mia carriera sportiva”.

COME HA AFFRONTATO LA BULIMIANonostante le battute e le tensioni, che quasi lo spingono a mollare il sincronizzato quando i risultati tardano ad arrivare, ecco che qualcosa scatta e vince le prime medaglie, nel 2016 e poi ancora nel 2018. L’anno dopo, però, irrompe nella sua vita la bulimia. “Dietro un atleta ci sono pressioni forti sebbene invisibili. Così in quell’anno cominciai a mangiare smodatamente: ogni volta che provavo odio per ciò che ero, mangiavo; quando mi sentivo in colpa per ciò che non ero diventato mangiavo”, svela. Così si abbuffa di cibo per saziare “quella fame di successo e di gloria che, nel mio caso, non bastava mai”. In un settore quasi esclusivamente femminile, soffre anche per il fatto che il sincronizzato venga sempre considerato un “nuoto minore”, dove non si fa fatica. “Allora io chiedevo al mio corpo di andare sempre oltre. Stavo perdendo il controllo”, ammette. Ne è uscito grazie a degli specialisti e alla sua compagna di allora. E oggi ammette di essersi “accorto di essere vissuto per anni senza ascoltare il mio corpo, i miei bisogni, le mie fragilità. Oggi cerco di farlo con attenzione”.

LA MORTE DEL PADRE, LA DEPRESSIONE E LA RINASCITA – Lentamente sta dunque riconquistando una nuova normalità ma per la prima volta in assoluto rivela di essere in cura per la depressione che gli è stata diagnosticata un mese fa. Ad innescarla, il trauma per la morte del padre Roberto (giudice internazionale di nuovo, scomparso improvvisamente pochi mesi fa) e altri elementi come “la tendenza ad accantonare il dolore, a non viverlo come un elemento normale della nostra vita”. E poi ancora le tensioni “che io non vedevo ma che, per fortuna, chi mi sta vicino ha visto. Io non mi ero accorto di nulla perché ogni emozione per me era riconducibile a stanchezza o a esaltazione. Non c’erano vie di mezzo, non avevo coltivato le sfumature”.

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