Mentre il governo si impegna per facilitare l’immigrazione regolare a partire dai decreti flussi, l’Italia non riesce nemmeno a regolarizzare chi è già qui. Si tratta di decine di migliaia di persone i cui datori di lavoro hanno presentato domanda per la loro emersione nel 2020. Tanto è passato dal decreto “rilancio”, anche noto come decreto Bellanova dal nome dell’allora ministra delle Politiche agricole, che approvò la regolarizzazione di lavoratori e lavoratrici privi di documenti e impiegati irregolarmente nel settore domestico e in quello agricolo. Le domande furono oltre 200 mila, presentate da datori e famiglie per altrettanti lavoratori. “Per me è una questione che va risolta in queste ore”, diceva ai primi di maggio 2020 la ministra, allarmata da 600 mila tra “braccianti irregolari che lavorano nei nostri campi e donne che stanno nelle nostre famiglie come badanti e sono in nero”. E ai colleghi di governo rilanciava: “Chiedo che siano regolarizzati subito con permessi di soggiorno temporanei di sei mesi rinnovabili per altri sei. Cos’altro vogliamo aspettare”? Tre anni, giorno più, giorno meno. I numeri? I permessi di soggiorno fisicamente rilasciati dalle questure sono 65.166 su 207.000 domande presentate, appena il 31,5% del totale.
L’ultimo aggiornamento sui dati del Viminale lo ha pubblicato la campagna ‘Ero Straniero’, che da anni segue le pratiche per l’emersione e promuove una legge di iniziativa popolare che riformi la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Inutile dire che hanno aspettato anni anche coloro che alla fine si sono visti rigettare la domanda: al 10 maggio 2023 sono 30.535, il 14,75% del totale delle domande. “Ma è guardando alle singole città – scrivono i promotori di Ero Straniero – che si comprende la portata di questo enorme ritardo”. A Milano, al 19 aprile, delle 26.225 domande presentate ne risultano finalizzate poco più della metà. A Roma, secondo i dati forniti dalla stessa prefettura, su 17.371 domande presentate, al 6 aprile 2023 risultano essere state finalizzate il 52% delle domande ricevute. E c’è di peggio. “Se confrontiamo questi dati con la situazione al 31 dicembre 2022, il risultato è, drammaticamente, clamoroso”, scrive Ero Straniero. In quattro mesi gli uffici della prefettura di Roma hanno portato a termine solo 88 pratiche. Una situazione di stallo. Le ragioni le spiega la stessa prefettura nella risposta alla richiesta agli atti di Ero Straniero. “Dal dicembre 2022 l’ufficio è stato privato di 14 unità di personale – è riportato – e cioè quasi la metà della forza lavoro che fino a quel momento si occupava delle domande di emersione”.
I pesano anche sulle domande relative alle quote dei decreti flussi, la via di accesso all’ingresso per lavoro che il governo intende allargare. L’ultimo ne ha messe a disposizione 82.705 tra ingressi dall’estero e conversioni di permessi di soggiorno autorizzati, 22 mila più del decreto precedente. A fronte di 240 mila domande presentate nel fatidico click day. Ma nonostante la mole di lavoro e il personale sotto organico, lo scorso dicembre il Viminale ha lasciato che scadessero i contratti dei lavoratori interinali in forza a questure e prefetture. Col risultato che in uffici come quello di Napoli è rimasta una sola persona a dover sbrigare 12 mila pratiche. Come già denunciato, anche da Ero Straniero, i ritardi nella definizione della procedura di regolarizzazione hanno dato vita a molti ricorsi in sede amministrativa e a una serie di sentenze. In particolare, sono in corso due azioni collettive a Roma e a Milano promosse da lavoratori e lavoratrici in emersione contro i gravi ritardi da parte delle rispettive prefetture, sostenuta da alcune associazioni come l’Asgi. “Il 28 aprile scorso – riporta Ero Straniero – il Tar della Lombardia ha ordinato alla prefettura di Milano di depositare una relazione che dia conto di come sono state utilizzate le risorse economiche e umane a disposizione degli uffici e spieghi quali misure sono state adottate per fronteggiare i ritardi”. A dimostrazione dell’illegittimità della condizione degli uffici pubblici interessati come di quella delle migliaia di persone in attesa dei documenti.
A mitigare almeno in parte una situazione sotto controllo, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’interno ha emanato di recente una circolare che prevede per le pratiche ancora in sospeso una semplificazione procedurale così che possano avanzare al passaggio conclusivo dell’iter previsto per l’emersione. Insomma, una deroga, ma sopratutto un’ammissione di crisi. Che almeno dovrebbe consentire di accorciare l’iter già troppo lungo di decine di migliaia di pratiche pendenti. Chiedendo esplicitamente l’assunzione stabile di personale sufficiente ad affrontare l’emergenza, le associazioni promotrici di Ero Straniero hanno rivolto alcune domande al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al governo Meloni: “Cosa c’è di più urgente di mettere i propri uffici nelle condizioni di procedere in tempi ragionevoli all’esame delle diverse istanze e al rilascio di un permesso di soggiorno indispensabile per far uscire tante persone dall’invisibilità e consentire una reale inclusione nella società? Se, come dichiarato, l’obiettivo del governo è favorire l’immigrazione regolare, perché non cominciare a occuparsi delle persone che vivono e lavorano nel nostro Paese consentendo loro di essere trattate nel pieno rispetto della legge”? Inoltre, ribadiscono l’esigenza di adottare “politiche migratorie a lungo termine che consentano di programmare gli ingressi senza ricorrere ai famigerati click day e di stabilire meccanismi di emersione su base individuale, accessibili in qualsiasi momento, senza il ricorso alle sanatorie periodiche come fatto negli ultimi vent’anni”.