Mika è stato protagonista, lo scorso 17 maggio, della speciale anteprima della rassegna Piano City Milano. Una performance piano e voce esclusiva al Castello Sforzesco, che anticipa le sei date italiane del suo tour mondiale, al via l’8 luglio da Cattolica. Abbiamo incontrato l’artista per farci raccontare come ha trascorso gli ultimi anni e con qualche sorpresa ci ha confessato che ha vissuto mesi difficili e di blocco dello scrittore.
Cosa ha rappresentato nella sua vita il pianoforte?
È stata una presenza costante. Ho iniziato giovanissimo a suonare con mia mamma che desiderava che suo figlio suonasse il piano o uno strumento. Un po’ come accade a tantissimi genitori. Le lezioni di pianoforte non hanno rappresentato però la connessione tra me e lo strumento.
Quando è successo?
Quando potevo nascondermi, rimanevo da solo per suonarlo e cercare la mia musica, riuscendo così a tirar fuori tutto quello che avevo nella mia testa. Ciò che trovavo difficile spiegare nella quotidianità, nel mondo reale, riuscivo a farlo al pianoforte. Lì ho capito che c’era un potere speciale che si poteva sviluppare al piano.
C’è un aneddoto a cui è particolarmente legato?
Avevo 12 anni e c’erano delle piccole stanze a scuola, dove c’erano i pianoforti. Lì scrivevo i primi pezzi, durante le pause. Non avevo molti amici a scuola. Così un giorno, mentre componevo, mi sono girato dietro e c’erano cinque miei compagni della mia classe ad ascoltarmi. Da lì hanno iniziato a cambiare atteggiamento nei miei confronti.
Cosa le ha insegnato quell’episodio?
Come la musica possa segnare strade nuove e diverse.
Il suo ultimo disco risale al 2019. Ce n’è uno nuovo in arrivo?
Nel 2019 era uscito ‘My Name Is Michael Holbrook’, un album molto intenso. Poi sono successe un sacco di cose. Mia madre è morta, la pandemia, l’annullamento del tour. Non volevo scrivere più, ho perso il legame con il piano e ci sono stati momenti in cui mi sono chiesto se avrei potuto, un giorno, tornare a scrivere di nuovo.
Poi cos’è accaduto?
Mi sono fatto un regalo molto importante che mi è costato tanto: il tempo. Piano piano ho potuto impostare una disciplina, dove ogni giorno dovevo scrivere un gesto. È quello che ho fatto in questi ultimi due nani. Piccoli gesti difficilissimi per ricominciare, dove che avevo avuto la sensazione che fosse tutto finito. Quei gesti sono diventati dei pezzi nuovi. Mi ritrovo in piena scrittura con una nuova energia e sto preparando un disco in inglese e francese. Una grande ripartenza per me, vedremo cosa accadrà
Cosa dobbiamo aspettarci dai sei concerti italiani?
Proprio perché sto uscendo dal ‘blocco dello scrittore’ questi show sono davvero speciali per me. In Italia sarà una performance speciale perché suoneremo in posti bellissimi, cercherò di trasformare le mie paure in fuoco sul palco.
Cosa ne pensa dell’ultimo Eurovision?
Ci sono state delle cose belle ma… Mamma mia quanto sono bravi gli italiani a fare lo show! Ci vuole un po’ di opera quando fai uno show, un po’ di dramma. Uno show senza dramma cos’è?