Fatta la legge, trovato l’inganno, si dice a volte. Ma in Emilia-Romagna non ce n’è stato nemmeno il bisogno. Perché tra deroghe, proroghe e scappatoie previste dallo stesso legislatore, quello della normativa introdotta nel 2017 per contenere il consumo di suolo (anzi, per ridurlo a zero) appare oggi come un fallimento annunciato. E in questi anni molti Comuni hanno continuato a cementificare centinaia di ettari, impermeabilizzando ulteriormente un territorio fragile, anche in aree già certificate a rischio idraulico. A cinque anni di distanza dalla sua entrata in vigore, l’urbanista Gabriele Bollini, docente di Pianificazione e progettazione sostenibile all’Università di Modena e Reggio Emilia, boccia la legge 24 del 2017 e soprattutto l’inversione di rotta promessa della prima giunta regionale di Stefano Bonaccini. “E’ un fallimento annunciato perché tra il dire e il fare c’erano di mezzo tutti gli interessi dei politicanti che devono accondiscendere al mercato, a Confindustria, all’Ance, eccetera”. Il presidente regionale di Legambiente, Davide Ferraresi, rilancia: “La classe politica ha poche scuse, ci sono state pressioni da tanti privati e in alcuni casi hanno avuto la meglio sull’interesse pubblico”.

“Quando la legge era in discussione, l’assessore all’Urbanistica Raffaele Donini disse che non saremmo stati in grado di far rientrare il dentifricio nel tubetto, ma che con questa legge avremmo chiuso definitivamente il tappo e azzerato le previsioni urbanistiche ereditate dal passato”, racconta Bollini. “Com’è andata a finire? Che il dentifricio è uscito tutto dal tubetto“. A permetterlo, spiega l’urbanista, una serie di proroghe introdotte nel 2020 per allungare i tempi entro i quali i Comuni avrebbero dovuto preparare i nuovi Piani urbanistici generali (Pug). “Una volta superato il limite, ogni precedente previsione urbanistica sarebbe comunque stata azzerata, e l’assessore Donini era stato chiaro sull’impossibilità di deroghe”, spiega Bollini. Invece la Regione decide di prorogare i termini e in troppi se la prendono comoda, rimandando i Pug e lavorando invece per attuare molte delle precedenti previsioni urbanistiche. “Le previsioni urbanistiche non sono un piano attuativo e la Corte costituzionale ha stabilito che possono essere del tutto azzerate da ogni nuovo piano, a seconda dei tempi e delle necessità”, spiega Bollini. “Invece la politica italiana le considera diritti acquisiti che in qualche modo hanno motivo di sopravvivere”. E infatti, nonostante la nuova legge, “la maggioranza dei Comuni dell’Emilia Romagna si è data da fare per attuare il pregresso, per consentire alla stalla di svuotarsi completamente di tutto il bestiame che era rimasto all’interno e accontentare tutti”.

Così, nonostante sia una delle poche Regioni ad essersi dotata di una legge, l’Emilia-Romagna ha continuato a scalare la classifica del consumo di suolo inseguendo Lombardia e Veneto. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) tra 2020 e 2021 è la terza regione per incremento di suolo consumato, ma anche per quantità di suolo consumato che, sempre nel 2021, supera i 200 mila ettari. Peggio, la regione è prima per cementificazione delle aree alluvionali. Tra i comuni, Ravenna è seconda solo a Roma con 68,66 ettari di incremento nell’ultimo anno. I dati peggiori si riscontrano proprio nella parte meridionale della costa, quella che in queste ore combatte con il disastro ambientale causato dalle piogge. A dirla tutta, la legge del 2017 aveva fissato un tetto per ulteriori incrementi di superficie cementificata, che in ogni Comune non dovrebbero superare il 3% del territorio urbanizzato al 2017, prima che la norma entrasse in vigore. “Peccato che i Comuni non abbiano ancora iniziato a utilizzare quel tesoretto del 3% e nel frattempo la maggior parte abbia ampliato ulteriormente il territorio urbanizzato, in deroga alla legge che attende i nuovi Pug”, commenta Bollini. Insomma, alla fine il consumo di suolo effettivo sarà la somma tra il famoso 3% e tutto quello che si è edificato nel frattempo, anche grazie alle proroghe. Rielaborando i dati Ispra, già l’anno scorso Legambiente evidenziava che “la soglia è già stata ampiamente superata da 21 comuni che hanno prorogato più volte l’approvazione del Pug”. E avvertiva: “Con questo trend, allo scattare del limite del 3% rischieremo paradossalmente di non avere più suolo consumabile”.

Oltre alle proroghe, poi, la legge prevede fin dall’inizio anche una deroga “per l’approvazione di progetti relativi ad opere pubbliche o di interesse pubblico di rilievo regionale o locale, o relativi alla trasformazione di insediamenti imprenditoriali, comportanti la localizzazione di opere non previste dal Pug o da accordi operativi, o in variante a tali strumenti o alla pianificazione territoriale”, spiega il sito della Regione riferendosi all’articolo 53 della legge. “Non esiste giurisprudenza che definisca cos’è l’interesse pubblico, e con questo termine passa tutto, compresi i poli della logistica“, attacca l’urbanista. Quello dei nuovi hub delle merci è un allarme che trova conferma anche nei dati Ispra, dove la Regione si è guadagnata il primato: nel periodo 2006-2021 ha destinato poco meno di 400 ettari alla logistica, che sul consumo di suolo totale in Emilia-Romagna pesa il doppio rispetto alla media nazionale. “L’articolo 53 della legge 24/2017 è una grande truffa, una scappatoia che consente di far passare la qualunque”, attacca Bollini, riferendo di Comuni che l’hanno utilizzato abitualmente e di altri, come quello di Reggio Emilia, che si sono rifiutati. Nessuna sorpresa per chi ha lavorato come dirigente provinciale proprio nel settore ambiente: “Quante volte è capitato che un sindaco venisse lì a chiedere di spostare di qualche centinaio di metri la riga che delimitava il rischio idraulico, così da togliere di mezzo il vincolo”.

“Quella della legge che azzera il consumo di suolo è stata una strategia comunicativa, ma è evidente che la realtà va in tutt’altra direzione”, commenta oggi il presidente di Legambiente in Emilia-Romagna, Ferraresi. “Da quanto sappiamo dai nostri circoli territoriali, una serie di previsioni urbanistiche precedenti sono state eliminate dai Comuni, ma quale sia il dato effettivo non è chiaro“. Tanto che la stessa Regione, aggiunge, “ha ridimensionato le ambizioni e parla di ‘importante probabilità di cancellare le precedenti previsioni urbanistiche'”. A un anno dalla legge, un fiero Bonaccini dichiarava: “Stiamo dimostrando coi fatti, già dopo un solo anno, che crescita e sviluppo possono camminare insieme a rispetto e salvaguardia del territorio e dei territori”. Oggi Ferraresi nota che la difesa e gli argomenti sono decisamente più deboli: “Perché tutto smentisce quanto era stato dichiarato ai tempi”. Tempi in cui le associazioni ambientaliste vennero escluse dal processo legislativo. Nel frattempo, Legambiente e altre realtà si sono unite nella Rete per l’emergenza climatica e ambientale dell’Emilia-Romagna e hanno lavorato a quattro proposte di legge di iniziativa popolare. “I consulenti della Regione come lo stesso settore Pianificazione territoriale regionale fecero notare che molte cose non funzionavano, ma il legislatore è andato avanti perché la politica voleva così“, ricorda Bollini, che ha scritto la proposta per il contrasto al consumo di suolo, attualmente in attesa di essere discussa dalle Commissioni consiliari. “Ma il tempo a disposizione sta per scadere, tanto che il prossimo 23 maggio saremo davanti al Consiglio per chiederne la discussione, perché possano approdare in Assemblea regionale dove finalmente ragionare di di acqua, di rifiuti, di energia e di suolo”.

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