Grecia al voto oggi per quello che si annuncia però come il solo primo tempo di una partita che si chiuderà probabilmente a luglio. Stando ai sondaggi dalle urne potrebbe non uscire un vincitore netto, se non si riuscisse a formare una coalizione di governo, si tornerà ai seggi tra un paio di mesi. Le ultime rilevazioni attribuiscono un vantaggio al partito conservatore Nuova Democrazia guidata dal primo ministro Kyriakos Mitsotakis che tuttavia non sembra avere i numeri per la maggioranza assoluta collocandosi tra il 31 e il 38%. Staccato di 4-7 punti il partito di sinistra Syriza guidato da Alexis Tsipras. In base al nuovo sistema elettorale per essere in grado di governare uno dei due partiti dovrebbe raggiungere almeno il 45%. Il movimento di estrema destra Alba dorata è stato escluso dalle elezioni dopo che alcuni dei suoi membri principali sono stati condannati per attività criminali. Una delle incognite del voto è capire come si orienterà l’elettorato del movimento estremista. Il vincitore delle elezioni avrà tre giorni per negoziare una coalizione con altri partiti. Se il tentativo fallisce, il mandato per formare un governo passa al secondo partito e il processo si ripete. Se neppure questo secondo tentativo riesce si tornerà alle urne con un sistema elettorale leggermente diverso che facilita la formazione di una maggioranza.
Difficile, in generale, cogliere l’umore dell’elettorato. Per la prima volta il paese va alle urne “libero” da vincoli esterni e dal controllo delle entità che rappresentano i creditori del paese. Da un lato l’economia greca ha mostrato segni di ripresa piuttosto decisi. Da inizio anno la borsa di Atene è stata tra le migliori al mondo (+ 22%). Il paese potrebbe presto beneficiare di un nuovo miglioramento del suo rating, cosa che favorirebbe l’incremento degli investimenti dall’estero. Già oggi i titoli di stato decennali greci pagano un rendimento (3,9%) a quelli italiani (4,2%) a testimonianza di una percezione del rischio legato al paese ellenico che si è molto ridimensionata. Tuttavia il tessuto sociale mostra ancora profonde cicatrici dopo il trattamento lacrime e sangue a cui è stato sottoposto per anni, a cui si sommano gli ulteriori disagi legati ad un’inflazione che qui morde come altrove, falcidiando il potere acquisto di dipendenti e pensionati. Il valore reale degli stipendi è sceso di quasi il 10% solo negli ultimi anni e rispetto ai picchi del 2010 le buste paga valgono in media il 30% in meno. I valori pre crisi non sono mai stati rivisti, né per quanto attiene ai salari né per quel che concerne le dimensioni dell’economia che pure negli ultimi due anni è cresciuta molto. Al + 5,9% del 2022 dovrebbe seguire, secondo le stime Fmi, un incremento del Pil del 2,6% quest’anno e dell’1,5% il prossimo. L’abbattimento dei salari ha favorito una ripresa delle esportazioni (dovendo pagare meno per il lavoro le merci greche costano meno) che è stato uno dei fattori di spinta decisiva per l’economia.