Papa Francesco non vuole rinunciare al ruolo di mediatore per la fine della guerra in Ucraina. Per questo motivo, nonostante la recente udienza privata con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non abbia portato i frutti di dialogo sperati, Bergoglio, come ha dichiarato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha affidato al cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna, “l’incarico di condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace”. Il portavoce vaticano, inoltre, ha precisato che “i tempi di tale missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio”. La missione non inizierà immediatamente perché il cardinale Zuppi nei prossimi giorni, dal 22 al 25 maggio, sarà impegnato a presiedere l’assemblea generale della Cei che si terrà nuovamente in Vaticano dopo la pandemia. Evento che eccezionalmente sarà sia aperto che chiuso da Francesco.
La missione del porporato dovrà avere tre direttive: Kiev, Mosca e la Chiesa ortodossa sia russa che ucraina. Segnali positivi, infatti, sono arrivati recentemente proprio dal Patriarcato di Mosca che in precedenza si era sempre smarcato dalle posizioni pacifiste del Papa con Kirill, definito più volte da Bergoglio “chierichetto di Putin”, schierato totalmente a sostegno del conflitto. L’incarico principale che Francesco ha affidato a Zuppi è quello di allentare la tensione tra i due Paesi in guerra, nonostante le nette chiusure espresse da Zelensky in Vaticano. Bergoglio ha voluto così confermare la duplice direttiva da lui percorsa fin dall’inizio della guerra: una diplomatica, con l’offerta della mediazione del Vaticano per la fine del conflitto, e una umanitaria, con l’invio di due cardinali in Ucraina, Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il servizio della carità, per portare aiuti concreti. La scelta di affidare questa missione al cardinale Zuppi è anche indicativa della distanza, ben nota agli osservatori vaticani e ormai sempre più evidente, tra Casa Santa Marta, la residenza del Papa, e la Segreteria di Stato anche nell’impegno per la pace in Ucraina. Ricevendo il porporato in udienza privata il 3 gennaio 2023, Francesco aveva regalato anche a lui, come a Zelensky, al primo ministro ucraino e a tutti i capi di Stato e di governo incontrati negli ultimi mesi, il suo libro Un’enciclica sulla pace in Ucraina che testimonia il suo impegno per la fine del conflitto. Un impegno che è al primo posto nell’agenda del suo pontificato.
La decisione di incaricare Zuppi è stata accolta “come un segno di grande fiducia e con i migliori auspici” da monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Cagliari. “Invitiamo – ha aggiunto il presule – le comunità ecclesiali e, in particolare, i monasteri presenti sul territorio nazionale ad accompagnare sin d’ora con la preghiera questa missione che il Santo Padre ha voluto conferire al presidente della Cei affinché porti frutto e aiuti a costruire processi di riconciliazione”. Il cardinale Zuppi, figura di spicco della Comunità di Sant’Egidio, fondata da Andrea Riccardi e presieduta da Marco Impagliazzo, è un autentico prete di strada, da sempre vicino ai poveri, uomo di mediazione e di pace, personalità molto autorevole e con sensibilità pastorali affini a quelle di Bergoglio. Nel 1990 Riccardi e Zuppi svolsero il ruolo di mediatori nelle trattative tra il governo del Mozambico, all’epoca controllato dai socialisti del Fronte di Liberazione del Mozambico, e il partito di Resistenza Nazionale Mozambicana, impegnati dal 1975 in una sanguinosa guerra civile. La mediazione portò, il 4 ottobre 1992, nel giorno della festa di san Francesco d’Assisi, dopo ventisette mesi di trattative, alla firma degli accordi di pace di Roma che sancirono la fine delle ostilità. Per questo motivo, la Comunità di Sant’Egidio è anche chiamata l’Onu di Trastevere, quartiere romano dove è nata e dove ha la sede principale.
“Se vogliamo combattere la guerra – ha scritto il porporato – dobbiamo aiutare istituzioni come l’Onu, per superare i conflitti con la via del dialogo. E potremmo anche dire che indebolire significa allearsi con la guerra, che è anche la logica del più forte, giustizia evidentemente ingiusta che provoca altra violenza e una corsa al riarmo. Non possiamo abolirli, ma che la loro soluzione sia quella della logica del più forte non è certamente accettabile. La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante”. Recentemente, l’8 maggio 2023, presiedendo a Pompei la messa con la supplica mariana, il porporato ha affermato: “Papa Francesco ci ha indicato un compito, in unione come sempre con tutta la Chiesa: alzare da questa casa di Maria, casa di preghiera e di carità, la supplica alla Madonna del rosario che il beato Bartolo Longo volle dedicare alla pace. Supplichiamola per la fine delle guerre, specialmente quella in Ucraina, con l’insistenza della povera vedova che cerca giustizia da quel terribile giudice iniquo, spietato e che rende spietati, che è la guerra. La volontà di Dio è un mondo di pace. Senza pace non c’è vita. Maria, Madre di Dio e Madre nostra, ci ricorda che siamo fratelli tutti perché per lei tutti sono suoi figli. Caino non ha imparato a dominare il suo istinto, anzi si lascia guidare da questo, non ascoltando la voce di Dio che pure continua a parlare! La guerra ha sempre un’incubazione: cresce con la rassegnazione di fronte ai problemi, con il cinismo di rimandarli e fare finta, con i terribili interessi economici che spingono gli uomini a costruire lance invece di falci, a distruggere i granai e a costruire follemente nuovi arsenali e nuovi ordigni per distruggersi. Sento oggi questa casa e questa piazza accogliere tutta l’enorme sofferenza. La supplica esprime l’attesa dell’intera creazione che soffre e grida la pace”. Con un appello finale: “Si fermi l’orrore dalla guerra e si cerchi nel dialogo l’unica vittoria della pace”.
Esattamente una settimana dopo l’udienza con il presidente ucraino, il Papa ha ricordato che il 25 marzo 2022 ha “voluto consacrare al Cuore immacolato di Maria la Chiesa e il mondo intero, specialmente l’Ucraina e la Russia”. E ha aggiunto: “La Madre Celeste ci aiuti tutti a cercare con coraggio e creatività cammini di perdono, di dialogo, di accoglienza e di pace per tutta l’umanità”. Francesco ha anche inviato una lettera al vescovo di Hiroshima, Alexis Mitsuru Shirahama, in occasione del G7 in corso in quella città. Bergoglio ha voluto ribadire “la ferma convinzione della Santa Sede che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. È a quel futuro che uomini e donne responsabili guardano ora con preoccupazione, specialmente sulla scia della esperienza di una pandemia globale e del persistere di conflitti armati in diverse regioni, tra cui la devastante guerra che si sta combattendo su suolo ucraino. Gli eventi degli ultimi anni hanno reso evidente che solo insieme, in fratellanza e solidarietà, la nostra famiglia umana può cercare di curare le ferite e costruire un mondo giusto e pacifico”. Francesco spera “che il vertice del G7 a Hiroshima dia prova di una visione lungimirante nel gettare le fondamenta per una pace duratura e per una sicurezza stabile e sostenibile a lungo termine”. È esattamente la missione affidata a Zuppi.