Paolo Stasi è stato ucciso per un debito legato allo spaccio di droga. È questa la ricostruzione della procura ordinaria di Brindisi e quella dei Minorenni di Lecce che hanno chiesto e ottenuto l’arresto di 3 persone e l’obbligo di dimora per altre al termine di un’inchiesta durata sei mesi nella quale è indagata anche la madre del 19enne, ucciso a Francavilla Fontana con due colpi di pistola sulle scale della sua casa nel pomeriggio del 9 novembre 2022. In carcere sono finiti un 18enne, all’epoca dei fatti minorenne, ritenuto colui che ha materialmente ucciso Stasi, e un ragazzo di 21 anni. I domiciliari sono stati disposti per una terza persona, mentre altri due giovani hanno ricevuto l’obbligo di dimora.
Stando a quanto ricostruito dai carabinieri, quel giorno, attorno alle 17.20 il 21enne alla guida dell’autovettura e il 17enne seduto sul sedile posteriore in modo da eludere le telecamere comunali, avrebbero raggiunto una strada vicina a via Occhi Bianchi, dove Stasi abitava con la sua famiglia. “Il conducente sarebbe rimasto all’interno dell’auto mentre il 17enne, raggiunto a piedi il portone dell’appartamento di Paolo Stasi, lo avrebbe fatto scendere con un pretesto per poi esplodere due colpi di pistola”, spiega la procura di Brindisi.
Stasi fu attratto fuori dall’abitazione con un inganno, secondo il giudice per le indagini preliminari che ha disposto il carcere e contesta anche l’aggravante della premeditazione: “È ragionevole sostenere che durante la prima visita” del 18enne a casa di Paolo Stasi, il ragazzo “consegnò o dimenticò volutamente nella sua abitazione, la busta shopper di colore verde che era solito portare con sé e che quell’ultima telefonata di 20 secondi effettuata con modalità sconosciuto pochi minuti prima dell’omicidio, rappresentò il pretesto usato dai due indagati e in particolare dal 18enne, per indurre Stasi e uscire dalla sua abitazione in ciabatte restituire la busta, e freddarlo con due colpi di pistola”.
I due si sarebbero poi dati alla fuga utilizzando la stessa auto. Il movente, secondo investigatori e inquirenti, è da ricercare in un debito di circa 5.000 euro maturato a causa dell’attività di spaccio delle sostanze stupefacenti. L’attività di spaccio – in cui Stasi sarebbe stato coinvolto come “custode” della droga – coinvolgeva anche le fidanzate dei due arrestati, una 24enne, sottoposta agli arresti domiciliari, e una donna di 20 anni sottoposta all’obbligo di dimora, anche loro di Francavilla Fontana come la vittima e i due presunti assassini che, scrive il gip, hanno cercato di “intralciare l’attività investigativa dismettendo i telefoni cellulari che aveva in uso temendo che, analizzando il loro contenuto, qualcuno potesse intuire il suo coinvolgimento”.
All’obbligo di dimora è stato sottoposto anche un altro ventenne che, secondo la procura, “avrebbe preso il posto di Paolo Stasi, quale custode della sostanza stupefacente”. Nell’inchiesta è coinvolta anche la madre della vittima, indagata per “detenzione in concorso di sostanze stupefacenti”. Il suo presunto ruolo era emerso già negli atti del Tribunale del Riesame che aveva disposto il sequestro di alcuni dispositivi. Era stata la stessa donna, a quanto si comprende dalle carte del Riesame, a spiegare quanto era avvenuto all’interna dell’abitazione di famiglia per circa un anno prima del delitto.
A carico della donna, sottolinea il giudice, “non emergono elementi per apprezzare il suo contributo, di tipo materiale o morale, alla commissione” dell’omicidio. La donna “si limitò da un lato ad accettare che suo figlio consumasse in casa sostanze stupefacenti che deteneva in casa per conto di altri e dall’altro a consumare modici quantitativi di quelle sostanze grazie alla collaborazione del figlio che le confezionava con cadenza quotidiana uno o più spinelli che lei fumava di notte dopo aver terminato il suo turno lavorativo”. Quindi il gip scrive ancora che la donna “non risulta aver istigato o determinato il figlio, non risulta aver offerto alcun contributo causale alla detenzione e all’occultamento delle sostanze o al confezionamento delle dosi e la circostanza che la stessa fosse solita al figlio di chiedere di rollare degli spinelli induce a ritenere che non fosse neanche in grado di farlo da sola”.
Secondo il gip, “probabilmente dopo aver scoperto che suo figlio ne facesse uso” insieme al 18enne e che all’interno della sua abitazione venisse custodita quel genere di sostanza, “abbia stretto un tacito accordo che prevedeva che, a fronte della sua discrezione e della sua tolleranza, il figlio le fornisse piccole quantità di marijuana destinata al suo esclusivo uso personale”. Piuttosto, ad avviso del giudice, il 18enne finito in carcere “nel corso di molti dialoghi” avrebbe “espresso il proposito di uccidere” la donna “ritenendo ingenuamente che con la sua morte avrebbe reciso ogni possibile collegamento con Stasi e con la sua uccisione, ritenendola l’unica persona che avrebbe potuto rivelare il contesto in cui era maturata la decisione di compiere l’omicidio”.