di Antonella Galetta
L’Emilia-Romagna è sempre stata vista dall’esterno come una Regione virtuosa sotto molti aspetti, sociale, sanitario, economico, una delle Regioni più belle d’Italia dove la gastronomia fa da padrona; i tesori artistici, i motori, il divertimento in estate, ma purtroppo per chi vive qui, non è tutto rose e fiori. L’Emilia Romagna è una delle regioni più inquinate d’Europa, secondo il report di Legambiente “Mal’Aria” 2023, che ha preso in considerazione sia i valori delle polveri sottili PM10 e PM 2,5 ed il biossido di azoto. Molte sono le città che hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM 10, che sono già più alti di quelli previsti dall’Oms, ovvero un massimo di 35 giorni per anno sforati. Nel podio di questa classifica troviamo al quarto posto Modena con 75 sforamenti, non se la passa meglio Reggio Emilia con 64, poi Piacenza e Rimini.
In questi giorni per la prima volta nella storia in Emilia Romagna, siamo in grave alluvione… con il fiato sospeso e con il naso in su, sperando di intravedere qualche raggio di sole: molte città e campagne si sono completamente allagate, dopo 7-8 mesi di forte siccità è arrivata la pioggia ininterrotta per due giorni, causando 14 morti e circa 30,000 sfollati, oltre a milioni di euro di danni; una Regione in ginocchio. Si dice che gli errori insegnano ma l’alluvione di Firenze del 1966 cosa ci ha insegnato? Anche qui a Lugo, Ravenna, Forlì, Cesena, vediamo la solidarietà che si è messa subito in moto, sono arrivati i giovani ad aiutare e anche la macchina dei soccorsi sta dando il meglio di sé per salvare vite umane e animali.
La disastrosa inondazione del 1966 ebbe conseguenze sui programmi e l’organizzazione italiana per la difesa del suolo: 20 giorni dopo l’evento fu costituita la commissione interministeriale per la sistemazione idraulica e difesa del suolo, oltre 2800 pagine con la cartografia dei litorali in erosione. Uno studio importante, che cercava di dare soluzioni; al 2021 poche opere realizzate del Piano Supino (così si chiamava) e da quella data, poco è stato messo in sicurezza. Il problema che abbiamo in Italia, è che i governi durano poco e tra uno di destra ed uno di sinistra, non c’è continuità nelle opere che si iniziano per mettere al sicuro i territori. Questo vuol dire che in Italia non si portano avanti e non si concretizzano le opere, dopo avere speso soldi pubblici per la pianificazione, forse perché migliorare i territori, non premia politicamente. Questa volta è toccato all’Emilia Romagna. Oltre al dissesto idrogeologico ormai si parla anche di mutamenti climatici, tragedia annunciata? Come sappiamo, questa Regione è una delle più inquinate da particolato PM 2,5, polveri fini che entrano nei nostri polmoni, grazie al riscaldamento e agli allevamenti intensivi, rispettivamente il 30% e il 15%, i veicoli al quarto posto preceduti dall’industria.
C’è mai stata volontà politica per arginare questi fenomeni? O si rincorre solo il Pil? Cosa sta accadendo al nostro clima e che rapporto c’è tra cambiamento climatico e attività antropiche?
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L’Ipcc dell’Onu esamina e valuta le recenti informazioni scientifiche e socio-economiche prodotte nel mondo. Sono importanti per la comprensione dei cambiamenti climatici (1000 scienziati, 10000 pagine), è uscito a marzo il sesto report, che raccomanda al mondo politico di limitare il riscaldamento globale sotto un grado e mezzo, sennò andremo incontro a catastrofi ambientali sempre più pesanti per l’uomo e gli ecosistemi. La regione Emilia Romagna è tra le più vulnerabili per rischio idrogeologico (come si può evincere dalle mappe dell’Ispra): non può più farsi trovare impreparata. Ne abbiamo avuto la triste conferma in questi giorni.
Serve un piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Davanti a questi scenari apocalittici e sulla base degli studi scientifici del Ipcc, non possiamo più consumare combustibili fossili ma passare al 100% di energia rinnovabile.