Ora che l’acqua sta iniziando a ritirarsi e il sole è tornato a fare capolino, mentre inizia il lento ripristino delle zone più popolate, lo sguardo è rivolto verso le colline e le montagne, dove le strade sono sventrate da quasi mille frane. A Casola Valsenio, nell’Appenino ravennate, il monte è venuto giù e lo smottamento principale, tra i circa cento che hanno colpito il paese di 2.650 abitanti, ha un fronte di quasi 300 metri. Il paese è quasi completamente isolato, alcune frazioni sono raggiungibili solo in elicottero e lunedì mattina c’erano ancora persone da recuperare tra le case sparse sulle pendici delle alture. Domenica, pochi chilometri più a sud, a Tredozio, l’Esercito è dovuto intervenire dal cielo per portare beni di prima necessità. La Regione ha fatto i conti: in Emilia-Romagna l’alluvione ha provocato un migliaio di frane, molte ancora attive e 305 “significative” si concentrano in 54 comuni.

I territori completamente distrutti – Un ordine di grandezza al disastro lo ha dato Paride Antolini, presidente regionale dell’Ordine dei geologi inquadrando la situazione come “disperata” in zona collinare: “L’aumento di fenomeni di questi giorni ha stravolto la cartografia”, ha spiegato nel week end raccontando di “molte strade completamente sparite e che non saranno neanche riparabili, con un tracciato completamente da rifare”. Nessuno al momento ha piena contezza dei danni. Le strade chiuse sono ancora circa 600 e Michele De Pascale, sindaco e presidente della Provincia di Ravenna, nonché numero uno dell’Unione provincie italiane, sostanzia il concetto con ilfattoquotidiano.it: “Ci sono territori completamente distrutti, interi pezzi di paesi che non esistono più e zone di collina inaccessibili. La domanda è: vogliamo ricucire davvero questo territorio o abbozzare una risposta che rischia di non essere durevole? Serve una risposta strutturale”. La richiesta per sistemare le infrastrutture è esplicita: “Da una prima stima per fare un lavoro fatto bene serve complessivamente un miliardo di euro per l’intera Emilia-Romagna”.

De Pascale: “Rischio spopolamento” – Anche perché, ad avviso di De Pascale, c’è un orizzonte inquietante: “L’accelerazione dello spopolamento nelle zone collinari e montane. Se non ripristiniamo, il non detto – avvisa – sarà chiaro: ‘Non vogliamo che viviate qui’. Non ci si può arrampicare per tornare a casa, quindi rimettere a posto le strade è due volte prioritario. Abbiamo visto immagini inedite e spaventose, inquietanti, della pianura allagata. Solo in città ho 100 ettari sott’acqua, ma in collina i danni sono sono diversi ma altrettanto gravi. Spero che il governo dia altrettanta attenzione a quella parte del nostro territorio”. In altre parole: “Abbiamo bisogno di certezze sulle risorse. La premier ci ha dato un messaggio molto chiaro. Al momento non abbiamo motivi per non crederle e per questo lavoreremo in maniera istituzionale”. La richiesta dell’Upi è quella di un anticipo di 200 milioni di euro per gli interventi più urgenti che garantiscano quantomeno di poter ricollegare le porzioni più importanti del territorio. “Poi però – sottolinea De Pascale – bisognerà passare agli abitati più piccoli e dare risposte a sindaci che stanno lavorando in maniera eroica”.

Casola Valsenio, 92 chilometri di strade squassate – Solo nel territorio di Casola Valsenio ci sono 92 chilometri di strade comunali non percorribili. L’unico asse sopravvissuto all’alluvione, sul quale possono transitare solo mezzi leggeri autorizzati, è la provinciale 306 che risale da Castel Bolognese fino a Riolo Terme. Gli altri collegamenti? Interdetti, alcuni ostruiti da terra e massi e altri completamente distrutti, con strade ingoiate dalle masse di fango venute giù dalle montagne. I mangimi e i foraggi per gli allevatori arrivano dal cielo con gli elicotteri, così da evitare che bovini, ovini, polli e tacchini muoiano a migliaia. Una sola azienda, a causa della mancanza di elettricità, ricorda il sindaco Giorgio Sagrini, ha perso 70mila capi avicoli. “Raggiungere gli allevatori, ma anche le altre attività agricole è praticamente impossibile – aggiunge il primo cittadino del paese collinare nel Ravennate – L’attuale limitata viabilità non consente il passaggio ai mezzi pesanti e questo comporta per certe imprese un problema rilevante”.

Le 127 frane attive tra Forlì e Cesena – Le immagini postate sulla pagina Facebook del comune sono impressionanti. C’è un intero pezzo di montagna venuto giù travolgendo qualsiasi cosa incontrasse sul proprio cammino. Case, ditte e strade che fino a una settimana fa esistevano, oggi non ci sono più sotterrate dalla poltiglia di terra e acqua che continua a muoversi rischiando di innescare nuovi smottamenti. Non va meglio in provincia di Forlì-Cesena dove si contano 127 frane attive e anche qui sono ancora diverse le singole abitazioni e intere frazioni collinari isolate, in alcuni casi ancora prive di acqua e corrente elettrica. Al lavoro ci sono i vigili del fuoco con 7 squadre del Gruppo operativo speciale: gli specialisti di macchine movimento terra provenienti da tutta Italia stanno lavorando per aprire le strade e creare passaggi dove non esistono più, cancellati dal maltempo scatenato dell’emergenza climatica. Si sta tentando di riaprire una strada verso Rocca San Casciano, isolata da diversi giorni, e si lavora anche al Passo del Carnaio, che collega il comune di Santa Sofia con Bagno di Romagna. Stessa situazione a Modigliana e Tredozio, dove – è l’urlo della sindaca Simona Vietina – ci sono “danni incalcolabili” alle infrastrutture.

“Difficoltà a spostarsi per tutta l’estate” – Almeno è tornata l’energia elettrica e il personale dell’Esercito sta garantendo un presidio medico. Tutt’attorno il territorio è “fragile e instabile”, dice la sindaca, spiegando che i militari stanno provando a costruire un “ponte provvisorio” che dovrebbe garantire le attività ordinarie. Nel territorio di Sant’Agata Feltria, entroterra riminese, frane e smottamenti sono continuati per giorni: “Le strade crollano improvvisamente”, raccontava sabato sera il sindaco Goffredo Polidori sottolineando la situazione complicata nelle frazioni di Rosciano, Pereto e Sant’Antimo. Il problema, spiegava il sindaco, è che quando viene riaperta una strada, “non si sa quanto terrà” e gli interventi vengono effettuati in condizioni “precarie” e “rischiose”. Ci vorrà tempo per sistemare tutto: “L’Appennino, con rocce tenere, ha mostrato tutta la sua fragilità”, ha spiegato il presidente dei geologi emiliano-romagnoli Antolini. Quindi la previsione più allarmante, quella che dà una dimensione del disastro: “Credo che nei comuni più colpiti sarà difficile prevedere spostamenti per tutta questa estate”.

Twitter: @andtundo

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Mille frane lungo l’Appennino emiliano, ma senza ruspe per scavare. ‘Nessuno ci dice come intervenire. Qui niente sarà più come prima’

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