Il nuovo vaccino contro il virus sinciziale nei neonati progettato da Pfizer ha sollevato qualche preoccupazione in alcuni scienziati, che hanno chiesto una revisione accurata dei dati preliminari per scongiurare il rischio che il farmaco possa essere in qualche modo correlato a un aumento delle probabilità di parto pretermine. L’allarme è stato lanciato attraverso un articolo pubblicato sul British Medical Journal, in cui gli autori, affiliati all’University College di Londra, evidenziano l’importanza di approfondire le indagini in merito al vaccino prima dell’autorizzazione al commercio. L’apprensione degli autori origina dai dati preliminari associati a un farmaco prodotto da GlaxoSmithKline (GSK), simile, per scopo e formulazione, a quello testato da Pfizer. A febbraio 2022, in effetti, l’azienda farmaceutica londinese aveva interrotto uno studio clinico di fase III per un vaccino prenatale contro il virus respiratorio sinciziale. Il farmaco sembrava associato a un incremento del rischio di parto anzitempo e di morte infantile tra le partecipanti che erano state immunizzate.
Il virus respiratorio sinciziale (RSV), spiegano gli esperti, rappresenta la principale causa di bronchiolite e di polmonite nei bambini di età inferiore a due anni. Questo agente virale, considerato molto contagioso, può essere letale per i neonati. Negli adulti e nei bambini più grandi, l’infezione determina generalmente una malattia lieve, che non richiede trattamenti o cure specifiche, mentre i più piccoli possono sperimentare polmoniti, bronchioliti e conseguenze disastrose per l’organismo. Secondo le stime relative al 2019, l’RSV avrebbe provocato il 3,6 per cento dei decessi avvenuti nella popolazione mondiale tra uno e sei mesi di vita. In Italia, il virus causa circa 21mila ricoveri e 3500 decessi ogni anno.
Lo scorso mese, Pfizer ha rilasciato i dati preliminari associati a un’analisi intermedia, enfatizzando l’efficacia del vaccino contro l’RSV. I risultati hanno comunque sollevato qualche preoccupazione in relazione al lieve, sebbene non significativo, incremento del tasso di nascite pretermine tra le madri che avevano ricevuto l’inoculazione. Il farmaco è infatti pensato come profilassi prenatale, da somministrare alle donne in gravidanza per proteggere i neonati dall’agente virale nei primi mesi di vita, legati al tasso di mortalità più elevato. La Food and Drug Administration statunitense e l’Agenzia europea per i medicinali non hanno ancora deliberato l’approvazione del vaccino Pfizer, ma il responso è atteso entro la fine del 2023. L’organismo regolatore americano ha però recentemente autorizzato la commercializzazione di Arexvy, un farmaco prodotto da GSK e volto a prevenire le infezioni del tratto respiratorio inferiore da RSV negli adulti con età superiore ai 60 anni.
“Abbiamo bisogno di un vaccino sicuro contro il virus sinciziale per proteggere i neonati da questa importante minaccia – afferma Cody Meissner, docente di Pediatria e Medicina presso la Dartmouth Geisel School of Medicine e consulente per l’RSV presso i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) – i possibili effetti collaterali del farmaco sviluppato da Pfizer devono però essere attentamente monitorati”. “Credo che sia opportuno valutare accuratamente gli effetti del vaccino – aggiunge Klaus Überla, direttore dell’Istituto virologico dell’ospedale universitario di Erlangen e membro dello Standing Committee on Vaccination (STIKO), che sviluppa raccomandazioni e linee guida nazionali per l’uso di vaccini in Germania – potrebbe essere rilevante considerare ad esempio il peso medio alla nascita e analizzare i vari sottogruppi di partecipanti alla sperimentazione per ottenere un quadro più ampio della situazione e dei possibili effetti collaterali associati all’inoculazione”.
Nel frattempo, Pfizer ha dichiarato che il vaccino contro l’RSV risulta sicuro e promettente come strategia di prevenzione per proteggere i neonati da infezioni gravi e potenzialmente letali. Secondo i vertici dell’azienda, infatti, non emergono squilibri significativi nel numero di parti pretermine osservati tra le madri che avevano ricevuto il vaccino e il gruppo di controllo, non sottoposto a inoculazione. “Il carico di malattie associate a RSV è ancora piuttosto notevole a livello globale, anche se è più significativo nei paesi a basso e medio reddito – commentano gli scienziati in un editoriale collegato all’articolo apparso sul BMJ – saranno pertanto necessarie ulteriori ricerche volte a identificare le strategie di prevenzione più sicure ed efficaci da implementare anche e soprattutto nelle zone del mondo in cui l’accesso ai vaccini può rappresentare un serio problema”.
Valentina Di Paola