Il disastro dell’Emilia-Romagna ha generato un’accesa discussione fra quelli che lo attribuiscono al cambiamento climatico e quelli che lo danno come dovuto alla cementificazione o ai verdi che non vogliono tagliare gli alberi. E’ parte del dibattito sul clima che, purtroppo, è degenerato in una polemica assai semplificata, per non dir di peggio. Oltre ad accusare (o scagionare) il CO2 per i fenomeni estremi, non c’è molto di più che ragionamenti sul fatto che “il clima è sempre cambiato,” e vaghi discorsi sugli elefanti di Annibale, o le Alpi prive di ghiaccio nel Medio Evo. E da questo se ne dovrebbe dedurre che il cambiamento non è colpa dell’uomo e non azzardatevi a togliermi la mia suv. Dall’altra parte, si tende a liquidare le obiezioni parlando di “negazionismo” (termine che non uso e che suggerirei a tutti di non usare) e con il concetto che “il 99% degli scienziati è d’accordo, e allora tacetevi”.
E’ un peccato che il dibattito sul clima si sia ridotto a questo basso livello. Ma è un fatto che la politica vuole certezze; pochi e semplici concetti in bianco e nero. Invece, la scienza (quella vera, non quella dei televirologi) tende sempre a sfumature di grigio. Questo è vero in particolare per la scienza del clima; una faccenda complessa e incerta, ed è proprio questo che la rende così affascinante. Forse anche i negazionisti… (oops, scusate, mi è sfuggito!) la troverebbero affascinante se avessero voglia di fare uno sforzo per capirla.
Su questo punto, vi posso raccontare di qualche sviluppo recente. Per cominciare, c’è un articolo in preparazione di James Hansen e altri che fa il punto su quello che si sa sul clima degli ultimi 66 milioni di anni, il periodo chiamato “Cenozoico”. Quello, per intendersi, dei mammiferi dopo l’estinzione dei dinosauri. E, per la felicità di quelli che dicono che “il clima è sempre cambiato”, beh, è proprio vero: all’inizio del Cenozoico le temperature erano qualcosa come 10-12 gradi più alte di oggi. Era un mondo diverso, senza ghiacci ai poli, con il livello del mare più alto di circa 60 metri rispetto all’attuale, e molte altre cose.
Il punto è, tuttavia, che il clima non cambia per caso. Ci sono delle ragioni che lo destabilizzano ed è questo il soggetto dell’articolo di Hansen. Viene fuori che siamo oggi in condizioni di concentrazioni di gas serra tali che a lungo andare potremmo tornare alle condizioni dell’inizio del Cenozoico; ovvero 10 gradi in più di temperatura, con gli annessi 60 metri di innalzamento del livello del mare. Non succederà a breve scadenza ma, quantomeno, è una strada un po’ pericolosa quella che abbiamo preso.
C’è poi di un altro articolo recente, che studia un argomento complementare, ovvero i fattori che tendono a stabilizzare il clima. Anche qui, leggiamo una storia affascinante: sono questi fattori che hanno reso possibile la sopravvivenza della vita terrestre per miliardi di anni. Questo studio è una conferma della cosiddetta “Ipotesi Gaia” presentata tempo fa da Lynn Margulis e James Lovelock. Ma non facciamoci troppe illusioni: sono fenomeni molto lenti se confrontati con l’esistenza umana. Su scale di tempi relativamente brevi – meno di qualche migliaio di anni – non compenseranno la perturbazione antropogenica attuale.
Per finire, un cenno a un articolo al quale ho contribuito anch’io sul ruolo delle foreste nella regolazione del clima e dell’umidità atmosferica. Viene fuori che le foreste stabilizzano sia il clima come le precipitazioni quando sono in buona salute e potrebbero avere un effetto benefico nell’evitare disastri come quello recente in Emilia-Romagna. Ma, anche qui, l’azione umana in termini di tagli indiscriminati e cementificazione ha fatto danni.
Tutte queste cose sono affette da inevitabili incertezze e risultano incomprensibili da chi vede il mondo in bianco e nero, come è normale nel dibattito politico. Ma, nel dubbio, io prenderei qualche precauzione. Oltre alle cose che già sappiamo su come combattere il riscaldamento globale, io lascerei anche le foreste in pace e ne pianterei di nuove.