“Sono già stato ampiamente interrogato. Mi hanno intercettato a iosa, non mi sembra assolutamente opportuno parlare ancora. Al processo ho detto cose già note e tra intercettazioni, pubblicazioni, deposizioni ho già fatto tutto”. Così Gianni Mion, ex ad di Edizione, la holding finanziaria della famiglia Benetton che controllava Autostrade per l’Italia, deputata alla gestione e alla manutenzione del ponte Morandi, risponde al giornalista Alessandro Milan, che gli chiede lumi sulle sue discusse dichiarazioni nel corso di un’udienza del processo sul crollo del ponte.
Nell’intervista, mandata in onda nel programma Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24), Mion dapprima è riluttante, poi risponde alle domande del giornalista. E precisa: “Non ho parlato di rischio crollo, ho detto che si sapeva già che c’era un problema di progetto che i dirigenti della società monitoravano secondo le loro migliori competenze. Se ci fosse stato il rischio crollo, la cosa ovvia da fare sarebbe stata andare subito dal concedente (ministero delle Infrastrutture, ndr) e non è stato fatto – continua – perchè loro pensavano di avere le competenze. I titoli dei giornali sono esagerati. Si sapeva che c’era un’anomalia. È come quando l’atleta ha un cuore che va così e allora si dice: ‘Bah, può giocare? Non può giocare? Che facciamo?’. A me quello che interessa è soprattutto che vengano evitate stupidaggini del genere e che ci sia un ruolo più attivo da parte del concedente”.
Milan gli fa notare che in tanti pensano che lui si sia voluto liberare la coscienza con quelle dichiarazioni in aula. E la risposta di Mion è quasi spiazzante: “Intanto bisogna sapere se ce l’ho. Ogni tanto mi sembra di averla, altre volte mi sembra di non averla“.
Poi l’ex braccio destro di Gilberto Benetton chiama nuovamente in causa il ministero delle Infrastrutture: “Qui per me il tema fondamentale sono i controlli del concedente. La storia è lunga perché la società Autostrade per l’Italia, la perla delle infrastrutture italiane in campo autostradale, essendo statale, era anche autoreferenziale. Non è che il ministero si ponesse domande su Autostrade. Però con la prima direzione bisognava stare più attenti. Anche noi. Timore che io venga indagato? Se indagare vuol dire essere colpevole, questa è un’altra cosa. Se devono approfondire mi sembra giusto che approfondiscano. Cosa devo fare? Devo dire di non indagare? Io mi sono messo a disposizione“.
“Ma nei confronti dei parenti delle vittime non ha un senso di colpa?”, chiede infine Milan.
“Beh, certo, come no – risponde Mion – Ci mancherebbe. Milan, mi scusi: chi non ce l’ha?”.