Udienza rinviata al 1 giugno e processo che va verso lo stralcio della posizione dell’imputato di nazionalità congolese e dipendente del Pam, Mansour Rwagaza. È questo il risultato della prima udienza preliminare al Tribunale di Roma nella quale il gup dovrà decidere se mandare a giudizio i due dipendenti del Programma alimentare mondiale imputati di omicidio colposo e omesse cautele relativamente all’uccisione dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, e dell’autista dell’Agenzia Onu, Mustapha Milambo, nell’agguato avvenuto lungo la Route National 2 tra Goma e Rutshuru, il 22 febbraio 2021.
A complicare l’avvio del processo è proprio la posizione dell’imputato di nazionalità congolese. Dopo la notifica di iscrizione nel registro degli indagati, avvenuta di persona durante la testimonianza rilasciata ai pm romani guidati dall’aggiunto Sergio Colaiocco, Rwagaza è tornato nella Repubblica democratica del Congo e si è di fatto reso irreperibile. Secondo la legge, però, per poter decidere sul suo rinvio a processo era necessaria una nuova notifica con l’atto di chiusura indagini e convocazione dell’udienza preliminare. Questa, non potendo più essere effettuata di persona, è stata inviata direttamente al datore di lavoro, ossia il Pam. Ma è stata proprio l’Agenzia dell’Onu ad aver fatto ostruzionismo: già dall’estate 2021, il Pam ha inviato delle comunicazioni alla Farnesina con le quali affermava di non riconoscere la giurisdizione italiana, invocando l’immunità per i propri dipendenti secondo gli Accordi di Washington del 1951 tra Repubblica italiana e Fao. Il Programma alimentare mondiale, nell’ottobre del 2021, si è per questo fatto restituire dai due indagati l’atto di chiusura delle indagini notificato all’epoca dai pm e lo ha riconsegnato all’Italia, proprio perché non ne riconosce la giurisdizione.
Mentre per i pm la notifica della richiesta di rinvio a giudizio al Pam era sufficiente a mettere a conoscenza l’imputato della sua posizione, tenendo anche conto che circa 10 giorni fa Rwagaza ha nominato i suoi nuovi legali di fiducia, quest’ultimi, gli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri, hanno sollevato una eccezione preliminare in relazione alla irreperibilità e mancata notifica degli atti al loro assistito che a loro dire dovrebbe essere effettuata nuovamente dalla Procura nel luogo di lavoro dell’indagato, che però non si è reso disponibile a collaborare non riconoscendo la giurisdizione italiana, oppure, nuovamente, di persona all’imputato attraverso rogatoria, anche se non esistono convenzioni internazionali in materia tra Italia e Congo. Il gup ha così rinviato l’udienza riservandosi di decidere sull’eccezione e sulla richiesta del pm che chiede al giudice di emettere un decreto di irrepiribilità per Rwagaza, la cui posizione verrà quasi sicuramente stralciata permettendo di mandare avanti il processo almeno per l’imputato italiano Rocco Leone.
Nel corso dell’udienza è arrivata anche la conferma definitiva che, per il momento, il governo Meloni ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo, nonostante si tratti di un procedimento che nasce dall’uccisione di due servitori dello Stato nell’esercizio delle loro funzioni. Una decisione che ha provocato l’ennesima reazione contrariata dei genitori di Attanasio, con il padre che è tornato ad appellarsi all’esecutivo affinché si schieri senza indugi al fianco dei familiari delle vittime, come fatto pochi giorni fa anche in un’intervista al Fatto Quotidiano: “Noi speriamo che il governo si costituisca parte civile per una questione non certamente risarcitoria, ma di etica e dignità perché non dimentichiamo che sono caduti in servizio due servitori dello Stato. La speranza è l’ultima a morire”. Dal canto loro, i legali degli Iacovacci, Giovanna Passiatore e Loriana Porsi, si augurano che “il processo vada avanti. Ci auguriamo che nella prossima udienza possa essere presente anche l’Avvocatura dello Stato”. Con loro si è schierato anche il vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, Piero Fassino: “È del tutto comprensibile e condivisibile la richiesta della famiglia Attanasio che lo Stato italiano, per ragioni etiche e di dignità, si costituisca parte civile nel processo contro gli assassini dell’Ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci”.