Faccio l’oculista a Milano dal 1981 e sono rimasto basito nel leggere un lungo articolo su Il Sole 24 Ore del 18 maggio scorso. Non ho assolutamente voglia di criticare il pensiero altrui ma ora si sta veramente superando ogni limite. Credo che la classe medica dovrebbe tornare al passato, essere unita solo dalla parte di chi ha bisogno della nostra tutela. Come erano belli i tempi – io posso testimoniarlo – quando si facevano orari ospedalieri e chi voleva aveva lo studio privato per visitare quei pazienti che – per comodità dettata dalla maggior capacità economica o per gratitudine – lo preferivano al posto delle visite con il Servizio Sanitario Nazionale. Questo anche in oculistica.

L’articolo citato invece pone, proprio in oculistica, dei dubbi sul futuro partendo dal presente. Io vorrei rispondere punto per punto perché mi sento parte in causa e in parte colpevole della situazione che stiamo creando. Partirei proprio dal titolo: Rimborsi troppo bassi – si rischiano cure meno aggiornate.

Non darò il mio giudizio clinico o chirurgico perché questa non è la sede, ma per quanto riguarda la cataratta che oggi la regione paga circa 800 euro ritengo che questa cifra sia giusta per avere un intervento che permetta il recupero di una buona capacità visiva, come io ho ottenuto ormai qualche anno fa. Non ritengo indispensabile usare un laser costosissimo solo per fare piccole parti dell’intervento e usare un cristallino multifocale costosissimo che non esenta il paziente dall’uso di occhiali. Io non ho usato nessuna delle due cose per i miei occhi e vi assicuro di essere completamente a mio agio.

Ma quello che non dice l’articolo è che in Italia si fanno più di 650.000 operazioni di cataratta all’anno e, secondo il mio modestissimo parere di oculista quarantennale che visita più di 3000 persone all’anno, almeno il 30% non sono da fare. Ma oggi c’è il concetto che la cataratta sia diventata non un intervento per far vedere meglio, bensì per far vedere senza occhiali!!! Quindi facciamola prima o almeno prima che la faccia qualcun altro. Senza considerare le possibili complicanze che in sala operatoria sono sempre dietro l’angolo. Di questo passo si arriverà ad un punto in cui la cataratta verrà asportata ai neonati (tanto arriva a tutti!) o, più realisticamente, con la maggiore età, quando si è assestato il difetto di vista!!!

Senza considerare che questa non è medicina. Non si deve asportare un pezzo di organo sano. Mai. Ma questo succede da quando il medico viene pagato a percentuale per ogni visita, esame o intervento eseguito. E ogni cataratta ha un indotto di controlli ed esami, oltre il trattamento chirurgico.

Facciamo in modo che le strutture private accreditate vengano strettamente controllate e che i medici tornino ad essere pagati solo mensilmente, seppur con ottimi guadagni, per il bene comune, non per il bene delle aziende. Eseguiamo visite esami e interventi utili, non superflui: avremo maggiore disponibilità comunque per tutti.

Certo, se la visita oculistica viene rimborsata 25 euro e il medico ragiona a percentuale può essere basso il costo sociale, ma se pensasse – come ragionavo io ai miei tempi e ancora oggi – ai dipendenti ospedalieri pubblici che prendono uno stipendio mensile, a introito complessivo non avrebbe nulla da ridire. E’ la concorrenza non alla pari tra pubblico e privato accreditato che sbilancia il tutto. E il “posto fisso” non piace più a nessuno, a tal punto che in ospedali una volta ambiti come il Fatebenefratelli ed Oftalmico di Milano nessuno vuol più partecipare ai concorsi che quasi probabilmente vincerebbe senza fatica.

In tutto ciò l’affermazione riportata nell’articolo è quanto meno imbarazzante: “Se fino a oggi l’ospedale pubblico poi alla fine i conti li ha ‘pareggiati’ una clinica convenzionata con il Ssn che si veda corrispondere una cifra inferiore ai costi sostenuti sceglierà di non erogare più quelle prestazioni”. Io sono sicuro che quello che dice il collega sia la verità, ma è quello che non dice che mi spiace. Infatti, secondo me, in presenza di questo pensare io credo che l’assessore alla sanità e/o il ministro, dopo adeguati controlli, dovrebbe immediatamente togliere l’accreditamento a quella struttura che sceglie i pazienti non in base alla malattia, ma al guadagno. Spingendo ovviamente il cittadino verso il privato e utilizzando l’accreditamento come specchio.

Peggior cosa è parlare nuovamente del caso Avastin-Lucentis come classi di farmaci differenti sapendo che sono perfettamenti uguali – questa una mia lunga battaglia vinta grazie all’aiuto di Report. Certo è vero, come è vero, che Avastin è fuori dalle indicazioni (esento dal dire quel che penso clinicamente delle iniezioni intravitreali nella degenerazione maculare senile umida perché non è luogo adatto, pur essendo consapevole che non esiste al momento nulla di meglio, ma vedere decine e decine di iniezioni in un paziente in sala operatoria o meno…). La ministra Grillo avrebbe potuto fare qualcosa con Aifa per modificare le indicazioni d’uso insieme all’inventore delle due molecole uguali ma molto diversamente costose, e non l’ha fatto, seppur da me direttamente sollecitata. Come non l’ha fatto prima Lorenzin e dopo Speranza.

Adesso Schillaci, per ora molto silenzioso, interverrà o magari comincerà proprio per queste molecole ad usare, per produrle, l’unica fabbrica pubblica farmaceutica italiana presente a Scandicci? In questo caso, utilizzando un prodotto come Avastin che costa pochi euro, gli oculisti a percentuale lo inietteranno per altrettanti pochi euro di rimborso per il bene del paziente o cominceranno a pensarla diversamente sul suo utilizzo? Saranno ancora convinti che il posto fisso di zaloniana memoria non sia meglio?

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