Salute

Miliardario si fa iniettare un litro di sangue del figlio 17enne per assicurarsi l’immortalità. L’esperto mette in guardia: “É una pratica barbara”

La sua è una vera e propria ossessione. Trovare l’elisir di lunga vita o, ancora meglio, tornare all’età di 18 anni. Non è un romanzo, ma la mission di Bryan Johnson, imprenditore americano di 45 anni ossessionato dalla riconquista della giovinezza. Parliamo del fondatore di Braintree, azienda specializzata in sistemi di pagamento mobile e web per società di e-commerce. Un’azienda che è stata poi rilevata da PayPal per oltre 800 milioni di dollari. Un super incasso che probabilmente ha dato l’ulteriore spinta a Johnson di darsi un unico obiettivo: la ricerca esasperante dell’eterna giovinezza. Che inizia con il risveglio alle 5 del mattino, uso di integratori, staff di medici che lo segue ogni giorno con una tabella di marcia durissima. Per arrivare ora all’ultimo l’ultimo colpo di scena: Johnson ha deciso di iniettarsi un intero litro di sangue del figlio 17enne per assicurarsi l’immortalità. Il milionario ha quindi riunito il figlio di 17 anni Talmage e suo padre di 70 anni, Richard, e ha studiato una sorta di scambio trigenerazionale di emoderivati. A riportare la notizia è stata Bloomberg. Al 17enne è stato prelevato un intero litro di sangue (circa 1/5 del suo corpo) separato in parti, e poi il plasma è stato reinfuso in Johnson. Quest’ultimo ha a sua volta donato un litro del suo sangue ​​a suo padre di 70 anni. Una pratica che però si rivela ad altissimo rischio per la salute. Vediamo perché.

A che servono le trasfusioni – “La trasfusione è una scienza esatta e rigorosa”, ci spiega il Giuseppe d’Onofrio, ematologo, già Direttore del Servizio Emotrasfusionale al Gemelli di Roma, esperto WADA per il Passaporto Biologico dell’atleta. “Detto in parole semplici, i globuli rossi servono a trasportare l’ossigeno, i globuli bianchi combattono le malattie infettive e le piastrine evitano le emorragie. Nel plasma, che è la parte liquida, sono presenti proteine che assicurano la coagulazione e altre funzioni. Le trasfusioni possono salvare la vita a persone anemiche o che devono subire interventi chirurgici invasivi“.

La funzione dei gruppi sanguigni – I gruppi sanguigni suddividono gli individui in base agli antigeni che si trovano sui globuli rossi. “Furono scoperti nel 1900, dopo che per almeno due secoli si era cercato di scambiare il sangue senza successo”, continua l’esperto. Un dato fondamentale da sottolineare è che sbagliare una compatibilità comporta un rischio di morte. “Ricordiamoci che le epatiti e l’AIDS hanno trovato nel sangue e nei suoi componenti la via per diffondersi negli anni passati in cui non c’erano test”, precisa D’Onofrio.

“Una pratica barbara” – E allora, come giudicare operazioni come quella Bryan? “Ciò che fanno questi milionari è una pratica barbara, inutile, completamente priva della minima base scientifica. Non esiste nel sangue dei giovani nulla che possa giovare alle persone di età più avanzata“, continua D’Onofrio. “Il principio di giovinezza lo cercavano nel sangue i vampiri, mito popolare trasformato in letteratura e serie TV. O i malati che due o tre secoli fa andavano a bere il sangue refluo dai mattatoi. Negli anni Settanta comparvero sui muri delle città delle scritte “EMOSCAMBIO”, con la E al contrario e un numero di telefono. Ne ricordo una simile, sul Muro Torto, a Roma, che mi incuriosiva sempre. Più o meno c’era dietro una corrente di pensiero simile a quella di alcuni ideologi pazzoidi americani”.

Qualcuno la utilizza (illegalmente) nello sport – Pratiche legate a trasfusioni esistono anche nell’ambiente sportivo: “Alcuni atleti imbroglioni usano la trasfusione (illegale) non perché si illudano di rinnovarsi il sangue (non sono scemi), ma solo per trasportare più ossigeno ai muscoli e resistere meglio alla fatica. I globuli rossi vivono in circolo 120 giorni, le altre cellule molto meno; quindi, tornando al caso del nostro milionario, dopo pochi mesi il sangue del figlio, del papà e del nonno tornano tali e quali a come erano prima”. In sintesi: “Ognuno deve prodursi da solo le proprie cellule. E per i malati”, conclude D’Onofrio, “esistono i trapianti, che sono tutto un altro discorso”.