La protesta delle tende ha portato alla luce in maniera evidente una delle questioni più urgenti del diritto allo studio, il nodo della casa. In Italia ci sono circa 40mila posti alloggio negli studentati pubblici, aumentati neanche del 10% negli ultimi dieci anni, a fronte di circa 700mila fuori sede. Nel frattempo, nel mercato privato, sempre più studenti faticano a trovare una stanza, in particolare nelle grandi città, dove il caro affitti e l’aumento delle locazioni turistiche hanno inasprito l’emergenza abitativa. Secondo i dati di Eurostudent, nel nostro Paese solo il 5% degli universitari vive in studentato, contro una media europea del 18 per cento. Oggi il governo promette di mettere a disposizione altri 60mila posti entro il 2026, grazie a un finanziamento di 960 milioni di euro del Pnrr. Ma queste risorse andranno per la maggior parte a soggetti privati per costruire residenze a prezzi non calmierati, dove una stanza può costare anche più di 1.000 euro. Ma qual è la rete che dovrebbe garantire il diritto allo studio in Italia? E come funziona in altri Paesi, come le vicine Francia e Germania?
Il diritto allo studio in Italia – In Italia esistono 37 enti per il diritto allo studio: la maggior parte è regionale, mentre in alcuni casi ce ne sono due o più nella stessa regione, come in Abruzzo. La Lombardia è l’unica dove sono gli atenei stessi a erogare i servizi per il diritto allo studio. “Gli enti per il diritto allo studio sono organizzati per aree geografiche, e ognuno ha un suo modello specifico”, ha spiegato il presidente dell’Associazione nazionale degli enti per il diritto allo studio, Alessio Pontillo, al convegno Il diritto allo studio, presente e futuro. Contro le diseguaglianze, che si è tenuto lo scorso novembre a Bologna. “Questa è una criticità strutturale del diritto allo studio in Italia: alcuni territori funzionano meglio, altri funzionano peggio”. La frammentazione crea anche difficoltà agli stessi studenti nell’accedere alle borse di studio: alcune analisi hanno mostrato che una quota cospicua degli iscritti al primo anno con i requisiti per ottenere la borsa non ha neanche fatto domanda. “Mancano informazioni adeguate”, spiega Federica Laudisa dell’Osservatorio regionale per l’Università e per il Diritto allo Studio Universitario di Ires Piemonte. “Che senso ha pubblicare più di 30 bandi per le borse di studio? Dietro ogni bando, c’è un ente diverso. E anche i criteri di accesso sono variabili. Si potrebbe invece creare un unico punto di accesso, con modalità comuni su tutto il territorio. Perché non riusciamo a considerarci come un unico Paese?”. Negli ultimi dieci anni, il numero di borse di studio erogate in Italia è praticamente raddoppiato, passando da 120.965 nel 2011 a 244.230 nel 2020. “A livello territoriale, però, l’aumento non è stato omogeneo”, ha spiegato Claudia Pizzella dell’Ufficio statistico del ministero Università e Ricerca. “Nel sud abbiamo registrato una crescita del 233%, mentre al nord il numero è aumentato solo di 42 punti percentuali. È interessante anche analizzare la quota di studenti che, pur avendone diritto, restano esclusi dai sostegni pubblici: nel 2011 solo il 70% degli idonei con i requisiti di reddito e merito ricevevano la borsa di studio. Oggi la percentuale di copertura è passata al 98,8%”. Eppure, sono ancora tremila gli studenti che restano senza contributo pur possedendo tutti i requisiti: “La nota dolente resta la residenzialità”, continua Pizzella. “Negli ultimi dieci anni i posti alloggio in studentato sono aumentati solo del 9,5%, non riuscendo a rispondere alle esigenze degli studenti che hanno bisogno di una casa”.
Come funziona in Francia – In Francia il diritto allo studio è gestito dai Crous, acronimo di Centre Régional des Œuvres Universitaires et Scolaires, i centri regionali per le opere universitarie e scolastiche. Ce ne sono 26 in tutto il Paese, uno per regione. La domanda di borsa di studio, però, viene presentata dagli studenti attraverso una procedura unificata e semplificata, compilando il cosiddetto Fascicolo sociale dello studente, che è lo stesso su tutto il territorio nazionale. L’ammontare delle borse di studio viene calcolato sulla base di criteri sociali: gli studenti vengono divisi in scaglioni con un punteggio da 0 a 7 a seconda del reddito e della composizione del nucleo familiare, ma anche della distanza della propria città di origine. L’importo annuo varia da 1.009 euro per il livello 0 a 5.551 euro per il livello 7. Nell’anno accademico 2021/2022 sono state erogate 728.033 borse di studio – quasi il triplo di quelle italiane –, per un totale di più di due miliardi di euro. Per quanto riguarda l’alloggio, tutti gli studenti possono fare domanda, ma la priorità va a chi ha lo scaglione più alto. Sono più di 770 gli studentati pubblici gestiti dai Crous, con quasi 175mila posti letto, a fronte dei 40mila italiani. Quasi uno su tre è occupato da uno studente internazionale. Ma le residenze sono aperte anche ad altri tipi di utenti, come tirocinanti o giovani lavoratori. A coordinare i Crous è l’organismo nazionale Cnous (Centre National des Œuvres Universitaires et Scolaires), che rende conto al ministero di Alta formazione, ricerca e innovazione, corrispettivo del nostro ministero dell’Università e ricerca. È il Cnous che finanzia i lavori di ristrutturazione e la costruzione di nuove residenze universitarie: dal 2014 al 2021 sono stati costruiti o presi in gestione 20.138 nuovi alloggi, mentre altri 24.053 sono stati ristrutturati. Nonostante ciò, solo il 6% del totale degli studenti francesi ha accesso a uno studentato Crous. Lo denuncia l’Unéf, il sindacato studentesco francese, che ogni anno realizza un’indagine sui costi della vita degli studenti. In media, la spesa per l’alloggio rappresenta il 57% del totale delle uscite degli universitari francesi, il dato più alto in tutta Europa.
Come funziona in Germania – In Germania a occuparsi del diritto allo studio degli studenti ci sono 57 enti chiamati Studentwerke, uno per ogni polo universitario. Questi forniscono una serie di servizi, tra cui le borse di studio, i pasti, e anche l’alloggio. Il dato aggiornato al 31 dicembre 2021 è di più di 1.800 residenze pubbliche che mettono a disposizione 195.349 posti: quattro volte tanto il dato italiano. Qui la quota di studenti internazionali è ancora più alta, circa il 40%. Nonostante l’aumento dei prezzi d’affitto in molte città tedesche, il costo di questi alloggi resta basso: la media è di 267 euro al mese, andando da un minimo di 108 euro per alcune camere doppie a un massimo di 698 euro per i mini appartamenti. Il problema però sono le modalità di accesso: in Germania, infatti, chi prima fa domanda, prima alloggia. La maggior parte degli Studentwerke assegnano i posti in ordine cronologico, altri addirittura estraggono a sorte: non esiste una priorità per gli studenti che provengono da un contesto socio-economico svantaggiato. Ci sono però delle categorie protette a cui viene data la precedenza, come le persone con patologie o disabilità. Dato il numero limitato di posti, la competizione è molto alta e molti restano esclusi: per chi rimane fuori viene erogato un contributo di 360 euro per affittare una stanza nel mercato privato. Una cifra che raramente è sufficiente, soprattutto nelle grandi città: il report Mlp sulla condizione abitativa degli studenti, realizzato in collaborazione con il German Economic Institute, mostra che quell’importo è adeguato solo in due delle 38 città universitarie che hanno preso parte al sondaggio. Il sindacato studentesco Deutsches Studentenwerk (Dsw) ha denunciato che a metà settembre 2022 c’erano ancora 35mila studenti in attesa di un posto alloggio pubblico, nonostante l’anno accademico fosse già cominciato. Di questi, circa 15mila erano a Monaco, la città universitaria con gli affitti più cari di tutto il Paese. Il segretario generale di Dsw Matthias Anbuhl ha sottolineato la necessità di potenziare l’offerta di posti letto: dal 2007 al 2022 sono cresciuti solo dei 6%, a differenza delle borse di studio aumentate del 52%.