Dunque, siamo di nuovo qui a commentare una uscita illustre dalla Rai del governo di destra. La prima è stata quella dell’amministratore delegato Fuortes, a cui è seguita quella di Fazio con elegante enunciazione in diretta delle motivazioni. Ieri è arrivata quella di Lucia Annunziata accompagnata da dichiarazioni un tantino più dure. Ecco, senza entrare nel merito del problema (non è per lavarmene le mani, è che lo fanno già in molti), quello che mi ha colpito è lo stile utilizzato per motivare la scelta di lasciare servizio pubblico, le parole.
Fuortes, ne avevo già parlato nel mio precedente intervento, ha parlato di “clima”, un clima deteriorato dopo l’avvento del nuovo governo che incide su una linea editoriale e una programmazione che non vanno nella direzione dell’interesse della Rai. Fazio ha parlato di una “stagione”, una nuova stagione rispetto alla quale non si sente più in sintonia, lui che di stagioni in Rai ne ha vissute moltissime ma non è uomo per tutte le stagioni.
Annunziata rimette orgogliosamente il suo mandato nelle mani dei nuovi dirigenti in quanto non condivide nulla delle decisioni di questo governo. Ma questo non sarebbe un motivo valido, visto che in teoria nel servizio pubblico dovrebbe continuare a regnare il pluralismo e dovrebbe lavorare anche chi non condivide la politica del governo e ritiene opportuno criticarla. Per cui aggiunge che quello che l’ha spinta alla drastica decisione è il timore di lavorare in una condizione di permanente conflittualità. Insomma, siamo di nuovo dalle parti del “clima” e delle “stagioni”, di una situazione che rende impossibile una sana, leale collaborazione con il servizio pubblico.
Ora, fermo restando che queste prime scelte (e non stiamo neppure a vedere chi le ha fatte e che le ha causate) non sono un buon inizio per l’immagine del servizio pubblico pluralista, di tutti gli italiani eccetera; fermo restando che perdere un programma che porta in casa milioni di ascoltatori e di euro è una roba da dilettanti, soprattutto se non si ha un’alternativa pronta (sono curioso di vedere chi correrà il rischio di andare in onda la domenica sera su Rai 3): fermo restando tutto questo e con il rischio (mio) di passare per pignolo e noioso, io però vorrei sapere una cosa. Oltre al clima, alle stagioni e alla conflittualità permanente, potremmo conoscere qualcosa di più preciso? Un nome, una decisione, un progetto che è il motivo del conflitto, il segno del deterioramento. Così tanto per uscire dalle metafore e avere un quadro più chiaro di chi fa e disfa in un’azienda che è dei cittadini.