“Non si può sostenere allo stesso tempo che abbiamo salari da fame, che c’è il problema dell’inflazione, che bisogna mettere più soldi in tasca ai lavoratori e addirittura immaginare un salario minimo legale e poi dire che abbassare il cuneo contributivo è una misura inutile. Io credo sia molto più utile tagliare il cuneo contributivo che fare il salario minimo legale, un’iniziativa buona diciamo sul piano filosofico ma che nella sua applicazione rischia di essere un boomerang“. Così la premier Giorgia Meloni in collegamento con il Festival dell’economia di Trento, rispondendo alla giornalista Maria Latella, ha ribadito la sua contrarietà al salario minimo, sollevando il dubbio che inserendolo per legge si possa rischiare che quel parametro diventi “sostitutivo” e quindi, “in alcuni casi di minor tutela”.
Difendendo le proprie misure, la premier ha spiegato: “L’impatto del taglio che noi stiamo realizzando è diverso da quello che avevano realizzato i predecessori e non è finito. Io continuo a ritenere che il taglio della tassazione debba essere una priorità, per questo con due diversi provvedimenti, la legge di bilancio e il provvedimento del 1 maggio, abbiamo prodotto di fatto un taglio del cuneo contributivo che è di 6 punti per i redditi fino a 35mila euro e di 7 punti per i redditi sotto i 25mila euro”. “L’impatto – ha aggiunto – per i lavoratori in un periodo di inflazione è importante ed è la cosa più importante che si può fare in questa fase. Anche questo non è tutto, nel senso che noi vogliamo andare avanti, la prima sfida è rendere questi provvedimenti strutturali e poi allargarli”.