Che la sua “serrata lotta all’evasione” si sarebbe concentrata su “grandi imprese e grandi frodi sull’Iva” l’ha detto fin dall’insediamento del governo nell’ottobre dell’anno scorso. Ora Giorgia Meloni ha fatto un passo in più: partecipando alla conclusione della campagna elettorale a Catania insieme agli altri leader del centrodestra, ha sostenuto che la lotta “si fa dove sta davvero l’evasione, le big company, le banche. Non il piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato“. Tradotto: far pagare le tasse al proverbiale commerciante è un’estorsione mafiosa. “Definire le tasse pizzo di Stato è un’affermazione grave che legittima l’evasione e ancor più grave perché associa l’attività dello Stato a quella mafiosa. Parole inaccettabili“, commenta la deputata Pd Maria Cecilia Guerra.
Quelle della premier non sono frasi in libertà: dietro c’è una strategia precisa, la stessa che ha ispirato i condoni inseriti nella legge di Bilancio, il fallimentare tentativo di eliminare le multe per chi non accetta i piccoli pagamenti con pos e l’intento di depenalizzare la fantomatica “evasione di necessità” rivendicato dal viceministro dell’Economia con delega al fisco Maurizio Leo. A chi ha orecchie per intendere si lancia il messaggio che non c’è da preoccuparsi, il governo non vuole “disturbare chi vuole fare”.
Meloni è ovviamente ben conscia che in Italia il nero è un fenomeno di massa, pervasivo proprio tra lavoratori autonomi e partite Iva, che stando all’ultima Relazione 2022 su economia non osservata ed evasione fiscale – allegata alla Nadef firmata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – evadono quasi il 70% dell’Irpef che dovrebbero versare. E non perché non riescono a versare il dovuto per redditi dichiarati ma, per la stragrande maggioranza, perché omettono tout court di dichiarare i soldi incassati: la definizione di evasione. Non a caso nei documenti ufficiali il governo di centrodestra fa mostra di volersi allineare alle ricette consigliate dagli esperti di contrasto all’evasione e recepite nel Pnrr come utilizzo massivo delle nuove tecnologie e incrocio dei dati. Rinnegando gli attacchi a misure che prima del voto esponenti della maggioranza e Meloni stessa definivano “Grande fratello fiscale”.
Ma le convinzioni di fondo non sono cambiate, come è evidente da numerose dichiarazioni pubbliche della premier che non tenta nemmeno di mascherare l’antipatia per gli strumenti in mano all’Agenzia delle Entrate, nega l’evidenza dei condoni e continua a ribadire concetti platealmente smentiti dai dati. Come il fatto che finora la lotta all’evasione sia stata del tutto inefficace o che sia “più simile a una caccia al gettito”. Anche nell’intervento al Festival dell’Economia di Trento la leader di FdI ha giocato con la usuale ambiguità: sulla lotta all’evasione, ha assicurato, “noi non vogliamo gettare la spugna”. Ma “penso che si deve andare a combattere l’evasione sulla grande evasione: penso alle frodi sull’Iva, penso allo Stato che patteggia miliardi di euro chiedendo il rientro di milioni, con una disponibilità che non dimostra, ad esempio, coi piccoli commercianti”.