“Il Governatore” non è tipo da tenersi un autogol sul groppone. No, non si parla di Vincenzo De Luca, all’epoca solo sindaco di Salerno, ma di Paul Ince mediano inglese 26 anni fa all’Inter e protagonista in una gara di chiusura del campionato contro il Napoli. Un autogol a San Siro dunque, ma Ince, notoriamente indomito per carattere, seppur quell’autogol fosse veramente fortuito, non era tipo da darsi pace in campo, e infatti il gol del pareggio nerazzurro, in una gara vinta poi 3 a 2, lo segnerà lui. L’ultimo gol in nerazzurro. Era arrivato solo due anni prima Paul: se Recoba è stato senza ombra di dubbio il preferito di Moratti, è probabile che subito dopo nella rosa dei preferiti dell’ex presidente nerazzurro ci sia proprio Paul Ince. Il motivo è semplice: Ince è il prototipo del calciatore che si vorrebbe vedere con la maglia della propria squadra, sempre pronto a dare battaglia, sempre pronto a entrare in tackle (considerato un piacere quasi carnale), sempre pronto a difendere i colori che si portano addosso.
Battaglie avviate per strada nel quartiere di Ilford, sobborgo londinese, in una situazione comune a tanti calciatori: pochi soldi, padre assente, il pallone scialuppa di salvataggio a cui aggrapparsi. Tifa West Ham e sono proprio gli Hammers ad accorgersi che il ragazzo ha polmoni e muscoli, oltre che coraggio da vendere: dopo la trafila delle giovanili esordisce e subito diventa elemento inamovibile del centrocampo di John Lyall. Il trasferimento allo United sarà problematico: un po’ una costante nella carriera di Paul Ince. Col West Ham ormai retrocesso Ince ha l’accordo con lo United, in attesa dei dettagli fa le foto di rito con la maglia dei Red Devils prima di partire con le vacanze: le foto però saltano fuori, provocando la rabbia dei tifosi Hammers. In ogni caso allo United Ince diventa una colonna della squadra assieme agli altri protagonisti del ciclo di Sir Alex Ferguson, in particolare Eric Cantona. Tuttavia il rapporto con Ferguson non sarà mai felice per Ince: il mister lo definirà un “Big Time Charlie”, qualcosa di simile a un perdente di successo, in ogni caso qualcuno che crede di essere grande ma in realtà non lo è.
Sarà proprio Ferguson a dirgli che deve andar via, mentre Paul è impegnato a golf contro Ryan Giggs. Per la verità al netto dei rapporti tutt’altro che idilliaci col mister Ince non ha alcuna voglia di andar via, sarebbe pronto a firmare il rinnovo del contratto ma l’offerta di Moratti, diventato presidente dell’Inter a febbraio del ’95 e quantomai desideroso di fare di quel mediano l’anima dell’Inter è irrinunciabile. Si parla di 15 miliardi di lire, per l’epoca l’offerta più alta arrivata per un giocatore inglese. Non ci sono molti margini, tant’è che quando Ince tentenna il presidente gli spiega che con quei soldi può far grande lo United, un suo rifiuto comporterebbe passare per il calciatore che impedito la crescita dei Red Devils. Paul si rassegna, chi non lo fa è la moglie Claire: affezionata al ruolo di Wags a Manchester non ha gran voglia di lasciare l’Inghilterra per l’Italia…a meno di trovare una sistemazione adeguata. Concetto di sistemazione adeguata tuttavia indefinito visto che a Lady Ince vengono mostrate decine e decine di ville in Lombardia: quelle moderne vengono giudicate non all’altezza, quelle antiche, tra cui un gioiello del Settecento, troppo vecchie…persino la possibilità di soggiornare a Villa d’Este a Cernobbio non scalda la signora.
Si arriva ad una conferenza stampa surreale in cui c’è Ince e c’è il vicepresidente dell’Inter, il conte Gianmaria Visconti di Modrone che sostanzialmente annuncia che non c’è annuncio: il centrocampista ha problemi logistici e familiari e vuole risolverli prima di firmare. Contributo alla conferenza del calciatore solo un “arrivederci”. Effettivamente ci si rivedrà. Alla fine Ince firmerà e si destreggerà bene nel centrocampo della prima Inter di Moratti, entrando anche nel cuore dei tifosi che gli dedicheranno il coro “Come on, Paul Ince come on!”. Segnerà 3 gol il primo anno in nerazzurro, tra cui uno splendido in rovesciata al Cagliari e 8 nel secondo anno, contribuendo a portare l’Inter in finale di Coppa Uefa, persa poi contro lo Schalke 04. Sarà anche molto attivo contro il razzismo, avendolo sperimentato sulla sua pelle in particolare in una gara contro la Cremonese. Ma se Ince era riuscito a far breccia nel cuore dei tifosi e a inserirsi bene in Serie A (cosa all’epoca rara per un inglese, visti i precedenti) l’Italia proprio non aveva fatto breccia nel cuore di Claire: il marito chiederà la cessione, a malincuore. Passerà al Liverpool e poi al Middlebrough e infine al Wolverhampton. La sua grinta gli consentirà di diventare una colonna anche in nazionale: diventerà il primo capitano di colore dell’Inghilterra, e celebre sarà la sua immagine col turbante e la maglietta insanguinata durante una battaglia contro l’Italia di Cesare Maldini per le qualificazioni ai Mondiali di Francia ’98. Oggi è un allenatore, e si dice ancora pentito di aver lasciato l’Inter nel ’97: con l’Inter e lo United nel cuore pochi dubbi su chi tiferà nella prossima finale di Champions.