La scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani “cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno un libro o la sua presentazione“. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un passaggio del suo discorso in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita di don Milani, rievoca quanto accaduto una settimana fa al Salone del Libro di Torino: la ministra della Famiglia Eugenia Roccella che lascia il palco, dove avrebbe appunto dovuto presentare il suo libro, per via della contestazione di un gruppo di attiviste e attivisti. È il passaggio più politico dell’intervento di Mattarella, il primo presidente della Repubblica in visita a Barbiana, nel comune di Vicchio (Firenze), sei anni dopo la visita di Papa Francesco nel 2017. “Ho molto apprezzato le parole del Presidente Mattarella, soprattutto in una giornata significativa come il centenario della nascita di Don Milani e in un contesto particolare come la scuola di Barbiana. Mai mettere a tacere nessuno, mai mettere a tacere un libro. Spirito critico e libertà di espressione sono valori che i nostri giovani devono imparare a coltivare insieme”, scrive su Facebook la ministra Fdi Roccella.

Mattarella ha raggiunto il cimitero per depositare un cuscino di fiori sulla lapide di don Milani, poi una visita alla Cappella e infine la cerimonia nella scuola di Barbiana. Che il capo dello Stato rievoca più volte nel suo discorso. “La scuola di Barbiana durava tutto il giorno. Cercava di infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri“, sottolinea proprio nel passaggio che precede il suo monito riguarda a quanto accaduto al Salone del Libro. Mattarella evidenzia anche un altro aspetto dell’insegnamento di don Milani, che si lega sempre all’attualità politica: “Nella sua inimitabile azione di educatore – e lo possono testimoniare i suoi “ragazzi” – pensava, piuttosto, alla scuola come luogo di promozione e non di selezione sociale. Una concezione piena di modernità, di gran lunga più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale“, afferma il presidente della Repubblica. Che poi fa riferimento alla scelta della premier Giorgia Meloni e del suo governo di avere il ministero dell’Istruzione e del Merito: il merito, dice Mattarella, “non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti; preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito”.

Nell’introdurre il suo discorso, Mattarella spiega che don Milani “è stato anzitutto un maestro. Un educatore. Guida per i giovani che sono cresciuti con lui nella scuola popolare di Calenzano prima, e di Barbiana poi”. “Testimone coerente e scomodo per la comunità civile e per quella religiosa del suo tempo. Battistrada – prosegue – di una cultura che ha combattuto il privilegio e l’emarginazione, che ha inteso la conoscenza non soltanto come diritto di tutti ma anche come strumento per il pieno sviluppo della personalità umana. Essere stato un segno di contraddizione, anche urticante, significa che non è passato invano fra noi ma, al contrario, ha adempiuto alla funzione che più gli stava a cuore: fare crescere le persone, fare crescere il loro senso critico, dare davvero sbocco alle ansie che hanno accompagnato, dalla scelta repubblicana, la nuova Italia“.

Don Milano “era stato mandato qui, a Barbiana, in questo borgo tra i boschi del Mugello perché i suoi canoni, nella loro radicalità, spiazzavano l’inerzia“. Da Barbiana, continua Mattarella, “il messaggio di don Milani si è propagato con forza fino a raggiungere ogni angolo d’Italia“. E “il motore primo delle sue idee di giustizia e uguaglianza era proprio la scuola. La scuola come leva per contrastare le povertà. Non a caso oggi si usa l’espressione ‘povertà educativa‘ per affermare i rischi derivanti da una scuola che non riuscisse a essere veicolo di formazione del cittadino”, sottolinea Mattarella. Che poi cita proprio una frase del priore: “Il mondo – diceva don Milani – si divide in due categorie: non è che uno sia più intelligente e l’altro meno intelligente, uno ricco e l’altro meno ricco. Un uomo ha mille parole e un uomo ha cento parole“. Per questo, prosegue il presidente della Repubblica, “la scuola, in un Paese democratico, non può non avere come sua prima finalità e orizzonte l’eliminazione di ogni discrimine“.

“La scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti“, sottolinea Mattarella, riprendendo un’altra frase di don Milani: “Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose”. Prosegue il Capo dello Stato: “I suoi ragazzi non possedevano le parole. Per questo venivano esclusi. E se non le avessero conquistate, sarebbero rimasti esclusi per sempre. Guadagnare le parole voleva dire incamminarsi su una strada di liberazione. Ma chiamava anche a far crescere la propria coscienza di cittadino; sentirsi, allo stesso tempo, titolare di diritti e responsabile della comunità in cui si vive”. Don Milani è stato “un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all’esercizio di una responsabilità attiva. Il suo ‘I care‘ è divenuto un motto universale. Il motto di chi rifiuta l’egoismo e l’indifferenza. A quella espressione se ne accompagnava un’altra. Diceva: ‘Finché c’è fatica, c’è speranza’. La società, senza la fatica dell’impegno, non migliora. Impegno accompagnato dalla fiducia che illumina il cammino di chi vuole davvero costruire. E lui ha percorso un vero cammino di costruzione“, aggiunge Mattarella. Che ricordando la figura di don Milani evidenzia un altro aspetto: “Aveva un senso fortissimo della politica. Se il Vangelo era il fuoco che lo spingeva ad amare, la Costituzione era il suo vangelo laico“. Ecco un’altra citazione: “Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. Mattarella commenta: “Difficile trovare parole più efficaci“.

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