“Rinuncerò alle cure”, “grazie a quei soldi mi sono diplomato”. Le voci degli ‘occupabili’ a cui il governo toglie il Reddito: “Ci vogliono ricattabili”
C’è chi è riuscito a diplomarsi come geometra “grazie al reddito di cittadinanza”, frequentando la scuola serale. Chi si è permesso delle visite specialistiche, oltre che un pasto da mettere in tavola, e ora teme di dover rinunciare alle cure. E chi, da 40 anni in Italia, pur conoscendo sei lingue e con un titolo di studio da psicologa e un lavoro come mediatrice culturale alle spalle, è rimasta senza occupazione, dopo un grave lutto in famiglia.
Sono soltanto alcune delle storie raccolte nel corso del corteo organizzato a Roma da “Ci vuole un Reddito“, campagna che ha riunito oltre 140 tra associazioni, movimenti e organizzazioni sociali, da Nonna Roma alle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap), passando per Nidil Cgil, Cobas, studenti e studentesse della Sapienza, Black Lives Matter e non solo). Se lo scorso dicembre erano stati lanciati, nella Capitale come nel resto della penisola, i primi comitati di difesa e ampliamento del reddito, contro la volontà della maggioranza di destra di smantellare il provvedimento, ora le associazioni sono tornate in piazza per rivendicare l’obiettivo di stoppare il decreto Lavoro. Quello che non soltanto archivia il Rdc, ma “allarga le maglie della precarietà, aumentando la possibilità di fare contratti a tempo determinato e di utilizzare i voucher”.
Così a parlare sono soprattutto coloro che si ritrovano nella discussa categoria degli ‘occupabili’, quella istituzionalizzata dal governo Meloni prima con la legge di bilancio, poi con il decreto Lavoro approvato a inizio maggio. Persone povere, che hanno utilizzato il reddito come ‘paracadute’ soprattutto durante la pandemia, che non potranno però ora beneficiare della nuova misura voluta dall’esecutivo al posto del Rdc: l’Assegno di inclusione, a partire dal prossimo anno. Ma chi è che perderà il sussidio? Chi nel proprio nucleo non avrà presenti minori, persone con disabilità o over 60. I numeri di chi, pur sotto la soglia di povertà, non potrà accedervi li ha forniti lo stesso esecutivo: secondo i calcoli gli esclusi dalla nuova misura saranno 433mila.
Per loro l’unica strada sarà richiedere un’indennità di partecipazione a programmi formativi da 350 euro al mese, erogabile per un massimo di 12 mensilità, non rinnovabili. Se la volontà del governo Meloni è quella di togliere il sostegno a chi si considera abbia una probabilità maggiore di trovare un’occupazione, la realtà resta ben diversa. E per la categoria degli ‘occupabili’, come dimostrato dagli stessi dati forniti dall’Agenzia nazionale politiche attive del Lavoro, la speranza di trovare un lavoro rischia di tradursi soltanto in una chimera. Le stesse teorie del governo che vengono smentite. Una tra tutte? “I poveri senza figli non hanno più probabilità di trovare lavoro, anzi”, ha certificato sempre l’Anpal, bocciando le previsioni governative. Ma non solo. Perché sempre il commissario Anpal Raffaele Tangorra ha precisato come “soltanto il 13 per cento dei beneficiari del Rdc presi in carico dai CpI e inseriti nel programma GOL sono pronti a lavorare, work ready”. Numeri irrisori, con l’occupabilità che resta così soltanto sulla carta.
Per centinaia di migliaia di poveri il rischio così sarà quello di ritrovarsi “per strada”, senza più alcun sostegno. “Ho paura di dover abbandonare gli studi“, spiega un giovane 27enne, che racconta di aver potuto frequentare l’Università soltanto grazie al sussidio. Non è l’unico. Per tanti reddito di cittadinanza è stato sinonimo di ‘libertà’. Libertà “di poter avere un pranzo o una cena a tavola“, di poter finalmente curarsi, di non dover dipendere dalle offerte e dal lavoro incessante di tante associazioni che, anche nella Capitale, cercano di aiutare chi si ritrova senza un lavoro, né un reddito. “Vogliono soltanto costringerci ad accettare lavori da sfruttamento e a più bassi salari. Ci vogliono ricattabili”, è il mantra ripetuto dalla piazza. “E consegnano un esercito di persone alla criminalità”. Perché tutte le storie hanno spesso un comune denominatore, con le testimonianze del nulla offerto dal mercato.
“Contratti regolari? E chi l’ha mai visti? Eppure lavoro da quando ho 14 anni”, racconta Franco. Ha fatto di tutto, barista, manovale, operaio. Ma, spiega, “in Campania è quasi impossibile non lavorare in nero. Con il reddito potevo fare braccio di ferro, rifiutare il lavoro nero. Ma prima eravamo costretti a farci mettere pure i piedi in testa pur di sopravvivere. E ora vogliono farci tornare al passato”. Il reddito, invece, ha rappresentato per Franco una riscossa: “Ho potuto permettermi di andare a studiare alla serale, diplomandomi a Caserta, in un territorio ormai devastato dalle crisi industriali, perché sapevo che a fine mese avrei potuto pagare affitto e bollette”.
Non è l’unico ad avere una lunga esperienza di contratti atipici, irregolari, part-time. E salari da fame: “Quando ho chiesto di essere regolarizzato, non ho mai ottenuto nulla”, c’è chi racconta sconsolato. “Meloni ha lanciato una guerra contro i poveri, ma non sono i poveri a doversi vergognare, ma chi li sfrutta”, rilancia Ida, dalla testa del corteo. Dopo aver perso il figlio, racconta, si è ammalata per diversi anni, ha perso la casa dove viveva da oltre 30 ed è stata sfrattata. “Oggi mi è rimasto soltanto il reddito, se me lo tolgono, come farò ad andare avanti? Con la spesa mi hanno aiutato i volontari di Nonna Roma, ma con le medicine? Come farò a curarmi?“.
Le cure? Sembrano essere diventate un altro lusso, ormai inaccessibile per tanti (presunti) occupabili. “Io ho lavorato quasi sempre, ma sempre da precaria”, spiega una manifestante di Napoli. “È stato grazie al reddito che ho potuto dare dignità alla mia vita. Ma ora, senza figli e senza over 60, il futuro resta un’incognita, anche per lei: “Cosa farò? Non lo so ancora, spero di non essere costretta a emigrare“. Andare via, l’incubo di tanti: “Già è complesso trasferirsi dal Sud al Nord per i giovani, figurarsi per me che ho 58 anni”, c’è chi allarga le braccia. “Io invece ne ho 46, non voglio più accettare stipendi da 3 euro l’ora. Mi hanno detto vieni a fare la stagione a Rimini. Ma io ci sono già stato. Tutto falso. Altro che stipendi da 2mila euro al mese, io non ne ho visti mai mille, gran parte fuori busta. Non posso più accettarlo”.
C’è chi attacca: “Gli imprenditori hanno criminalizzato il reddito, ogni giorno in tv come ospiti a raccontare fake news. Ma la realtà è che nemmeno ora che il reddito è in esaurimento hanno trovato il personale. Quindi il problema è un altro: i salari bassi“. Per questo, dalla piazza, l’appello è ora rivolto alle opposizioni: “Difendano insieme a noi il Reddito di cittadinanza”, c’è chi rilancia. Battaglia parlamentare promessa da Pd, M5s, Verdi-Sinistra . Ma l’obiettivo a lungo termine è un altro: “Serve introdurre il salario minimo. Perché non si può vivere campando di lavoretti. Sotto i dieci euro l’ora è sfruttamento“.