Nel 2022 il mercato italiano delle auto connesse, cioè di quelle che scambiano dati con l’esterno (infrastrutture, altri veicoli, ecc.), ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro, segnando una crescita del 16% rispetto all’anno precedente, nonostante la crisi dei microchip, e rappresentando la metà del parco circolante con 19,7 milioni di veicoli.
A trainare questa crescita – spiega la ricerca condotta dall’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano – sono state soprattutto le soluzioni per questo genere di veicoli, come la connessione tramite SIM e le box di GPS e GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida, legate alle polizze assicurative: le soluzioni valgono infatti 1,4 miliardi di euro (cresciute del 10% in un anno), seguite dagli ADAS (sistemi di assistenza alla guida) che ne valgono 740 milioni (+16% sul 2021).
Al mercato delle auto connesse fanno riferimento anche le soluzioni di smart mobility (340 milioni di euro, +48%), come i parcheggi e i servizi di sharing, per cui nel 2022 il governo ha stanziato 14 miliardi di euro, provenienti dai fondi del PNRR, per progetti dedicati (mezzi a idrogeno, flotte di treni e bus elettrificati, infrastrutture di ricarica).
Secondo l’Osservatorio, i progetti dedicati alle Smart Road (si parla quindi di miglioramento della sicurezza stradale, ottimizzazione dei flussi di traffico e riduzione dell’inquinamento), a livello globale dal 2015 a oggi, invece, sono in tutto 190, 15 quelli intrapresi nell’ultimo biennio in Italia e che hanno coinvolto i tratti autostradali dalla A35 BreBeMi alla A4 Torino-Milano, fino alle A2 Salerno-Reggio Calabria.
La questione guida autonoma, invece, divide ancora molto. La ricerca dell’Osservatorio – ente che quest’anno parteciperà ad alcune tappe della Mille Miglia con un prototipo a guida autonoma – riporta che a fine del 2022 un italiano su due si diceva pronto a utilizzarla, anche per un fattore di sicurezza (31%); allo stesso tempo, il 37% non si sarebbe sentito pronto proprio per una percezione di scarso controllo sul veicolo e il 33% per non sentirsi al sicuro.
“Ad oggi sono ancora numerosi gli ostacoli e le sfide da superare per liberare appieno il potenziale dei dati raccolti da veicoli e infrastrutture – sostiene Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Connected Car & Mobility, che mette in evidenza i limiti legati alla produzione e condivisione dei dati, “quasi sempre differiscono fortemente nel formato, nella tipologia e nel livello di dettaglio passando da una casa automobilistica all’altra”, per cui ci vorrebbero un linguaggio comune e una standardizzazione del formato. Senza dimenticare poi l’aspetto forse più importante – di certo quello più delicato –, ovvero un’attenta e sofisticata gestione di privacy e cybersecurity dei dati.