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Il governo di destra inglese valuta un tetto ai prezzi alimentari a sostegno delle famiglie. Insorge la GDO: “Scaffali vuoti”

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Dopo la Spagna che pensa di aprire supermercati pubblici in concorrenza con quelli privati, anche la Gran Bretagna valuta come intervenire per provare ad attenuare l’impatto dell’inflazione sulle famiglie. La strada individuata da Londra sarebbe però quella di imporre un tetto temporaneo agli aumenti prezzi dei prodotti alimentari di base. Un’ipotesi avanzata dal premier conservatore britannico Rishi Sunak che sta raccogliendo consensi e critiche. Secondo le ultime rilevazioni ufficiali per alcuni prodotti i rincari nell’ultimo mese hanno sfiorato nel Regno Unito il 20%. La misura, preannunciata ieri dal Telegraph, giornale filo-Tory, sulla base d’indiscrezioni raccolte da fonti interne al governo, mirerebbe sulla carta a ridurre l’impatto del carovita sulla generalità della famiglie; e in particolare sulle fasce sociali più svantaggiate.

Scontata la reazione negativa da parte dei vertici delle maggiori catene di grande distribuzione del paese, secondo i quali un eventuale intervento d’autorità sui prezzi finirebbe per riproporre in effetti lo spettro della penuria sugli scaffali di diversi prodotti. Malumori sono emersi pure nell’ala più liberale dello stesso Partito conservatore e persino fra esponenti di primo piano dell’esecutivo come il ministro della Sanità, Steve Barclay. Dichiaratosi apertamente scettico su ipotesi di regime controllato dei prezzi e favorevole, piuttosto, a intensificare “il dialogo” già avviato con la grande distribuzione per indurla ad ampliare gli sconti o il parziale congelamento degli aumenti che alcune catene hanno “volontariamente” introdotto negli ultimi giorni, per ora su singole merci.

Il fatto che si adottino o si ipotizzino interventi da formazioni politiche di varia connotazione lascia intendere quanto il problema dell’inflazione stia incidendo in tutta Europa, Italia inclusa, sul tenore di vita delle famiglie. La Banca centrale europea ha rilevato come l’inflazione a cui assistiamo sia in buona parte dovuta all’aumento dei profitti d’impresa. Le aziende hanno infatti alzato i prezzi in misura maggiore rispetto all’incremento dei costi di produzione. Dopo l’impennata dei prezzi energetici dello scorso anno le quotazioni di petrolio, gas, carburanti ed elettricità stanno tornando su valori normali. Verosimile quindi che anche i costi per le imprese, grande distribuzione inclusa, si riducano. Probabilmente, senza un intervento dall’esterno, non accadrà lo stesso per i prezzi, a danno dei budget familiare e a vantaggio dei profitti dei rivenditori.

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