La conduttrice russa in occasione dell'uscita del suo libro si racconta al Corriere della Sera
Da bambini si è abituati a vedere la realtà con gli occhi della fantasia sognando il proprio futuro. Futuro che spesso prende strade diverse da come si era pensato grazie a situazioni impreviste e anche un po’ inimmaginabili. E la storia di Natasha Stefanenko, raccontata al Corriere della Sera, fa riflettere su cos’è il destino e mette in luce situazioni lontane dal nostro quotidiano. Natasha è nata e cresciuta a 250 chilometri da Ekaterinburg in un paesino sperduto tra i monti Urali (Siberia), unico particolare? Era un posto che non esisteva. Confessando che con la testa di oggi può sembrare qualcosa di inquietante racconta: “La città S-45 non esisteva sulle mappe (sul passaporto c’era scritto che stavamo a Ekaterinburg). Era circondata da mura e filo spinato, allarmi ovunque, pattugliata da militari armati, ogni 100 metri c’era un cane lupo legato a un filo d’acciaio che correva a destra e sinistra. Si produceva uranio arricchito per le testate nucleari e mio padre lavorava lì. Città così ce n’erano una quarantina in tutta l’Urss, erano state volute da Stalin dopo la Seconda guerra mondiale”. Infatti, S-45 fu costruita nel 1947 dai detenuti dei gulag.
La sua infanzia, nonostante il luogo isolato, però, è stata quella di una bambina felice che ha potuto sperimentare i classici problemi dell’adolescenza. E nell’intervista spiega: “Da ragazzina non vedevo questa inquietudine: la città era immersa in un bosco fittissimo, con la neve per 9 mesi all’anno, bianca, fiabesca, il lago lì vicino dove andavamo a pescare. La piscina era la mia seconda casa, c’era lo stadio dove praticare tanti sport: pattinaggio sul ghiaccio, sci di fondo, la slitta che adoravo, andavamo a vedere l’hockey. Io ero proprio felice. È stata un’infanzia e un’adolescenza di amore e divertimento totale”. Poi aggiunge: “Mi sentivo libera e privilegiata, era un posto molto fornito, potevi comprare qualunque cibo e costava tutto poco. Con 3 rubli mettevi in tavola la cena per un esercito, c’era un sacco di caviale e alla fine non ne potevo più. E poi era tutto gratis: luce, acqua calda, casa e ospedale gratis, le tasse non esistevano. Lo chiamavano il piccolo paradiso”.
A 17 anni veniva considerata, e lei stessa lo afferma, bruttina e così aveva deciso che avrebbe affrontato il mondo con lo studio e l’intelligenza: Natasha, infatti, a Mosca si è laureata in Ingegneria metallurgica. Ma come mai un’Università maschile? “Non c’era un maschio, manco uno, che mi guardava, ero invisibile, trasparente. Quindi ho scelto di proposito una facoltà che frequentavano i maschi, solo il 10% erano donne. Pensavo: qualcuno mi vorrà bene, mi sceglierà”. Il destino però aveva in serbo qualcosa di diverso per il suo futuro. La prima svolta è stata la vittoria del concorso The Look of the Year alla quale ha partecipato dopo essersi fatta convincere da un truccatore in fila per il McDonald’s: “A Mosca era arrivato il primo McDonald’s, c’erano file chilometriche. Un giorno ci andai anche io, tre ore di coda e dietro di me un truccatore gay — una cosa incredibile da noi — che si proponeva di truccarmi e farmi andare al concorso. Per me era una proposta sminuente. Fare la modella era come fare la prostituta, pensavamo che le ragazze che vendevano il corpo anche solo per una pubblicità erano sceme. Ma la fila era lunga, lui era simpatico e ha avuto tre ore per convincermi ad andare al concorso il giorno dopo. É stato un trampolino”.
La seconda svolta arriva a Milano: “Ero in un ristorante con un amico italiano e si avvicina Beppe Recchia: lui mi fa capire che vorrebbe lavorare con me, ma pensavo ci volesse provare. A quell’epoca le modelle russe erano solo prostitute, quindi tutti pensavano fossi disponibile”. Invece, era un vero provino per il programma La grande sfida condotto da Gerry Scotti e Ramona Dell’Abate. Ma Natasha voleva girare il mondo come modella per poi tornare a fare il suo mestiere e così spiega: “Mi offrirono una cifra che non ricordo e io chiesi il doppio per farmi dire di no. Ma invece accettarono”. Dopo la prima esperienza in Tv non voleva più avere a che fare con il piccolo schermo quando arrivò la proposta, inizialmente rifiutata, di Frizzi per il programma Per tutta la vita. Ma a convincerla ad accertare il ruolo è stato il marito 30enne Luca Sabbioni, ex modello e oggi imprenditore nel settore delle calzature. Con lui, però, la relazione non inizia come in un romanzo rosa ma più come una commedia romantica americana: “Fece una scommessa. Mi avrebbe portato a letto nel giro di 48 ore. Anche lui aveva il pregiudizio: russa ma seria non era possibile. Perse la scommessa ma fu bravo a confessarmelo prima che poi tra noi succedesse davvero qualcosa”. L’intervista si conclude parlando del libro scritto dalla modella per Mondadori che rivela: “Scrivere un’autobiografia mi sembrava non solo noioso, ma anche fin troppo autocelebrativo. Così ho rielaborato la mia storia, raccontando anche la Russia all’inizio dei 90, anni intensi e con tante contraddizioni” poi aggiunge: “Non rivelo cosa è vero e cosa è fiction. Ma in questo libro l’85% di quello che c’è scritto è verità“.