di Giuseppe D’Urso

Nelle ultime tornate elettorali abbiamo riscontrato l’incremento dell’astensionismo. Si potrebbe pensare ad una forma di protesta, invece penso sia una forma di stupidità anche perché è basata sull’idea erronea che “i politici sono tutti uguali”. Questo è quello che cercano di farci credere per appiattire le differenze tra i gruppi politici a vantaggio di quelli meglio organizzati che gestiscono il potere per fini non sempre sociali.

A questi astensionisti che con il loro comportamento pilatesco rinunziano di fatto a garantire i loro diritti, preciso che non è vero che “i politici sono tutti uguali” perché ci sono differenze marcate ed evidenti basta coglierle. Così, per esempio, dove si ravvisa l’uguaglianza delle posizioni in chi vota per l’invio di armi e nell’incremento della spesa militare e chi invece si oppone preferendo l’utilizzo delle risorse per la scuola, la ricerca, l’università e la sanità?

Dov’è l’uguaglianza delle posizioni tra chi vuole costruire una cattedrale in un deserto minato dalle forze telluriche e dagli eventi meteo e chi invece contesta simili spese enormi a favore di una ristrutturazione della viabilità interna delle regioni interessate Sicilia e Calabria?

Dove si trova l’uguaglianza tra chi toglie un minimo di reddito necessario in contesti in cui è praticamente assente l’offerta di lavoro e chi invece cerca di garantire un minimo di sussistenza avviando anche politiche di crescita volte ad incidere sul mercato del lavoro?

Dove si vede l’uguaglianza tra chi intende togliere il bollo auto per le autovetture di grossa cilindrata (da centinaia di migliaia di euro) e chi invece propende per la riduzione per le fasce medio basse?

Dove si vede l’uguaglianza tra chi foraggia giornali e media in genere con milioni di euro e chi, invece, più opportunamente tende ad eliminare questa assurdo “reddito di giornalanza”?

Dove si vede l’uguaglianza tra coloro che percepiscono e incamerano 15 mila euro e chi, invece, ne restituisce una parte consistente ai cittadini?

Quelli sopra elencati sono pochi esempi che dimostrano in modo chiaro che decidere di non andare a votare “perché sono tutti uguali” è sbagliato. Tale azione favorisce i gruppi che con solo il 16-17% dei voti determinano il futuro di tutti.

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