Le proteste della comunità serba nei tre comuni di Zvecan, Zubin Potok e Leposavic, nel nord del Kosovo, contro l’entrata in carica dei nuovi sindaci si è trasformata in una guerriglia andata avanti tutto il giorno e che ha coinvolto anche i militari Nato della Kosovo Force (Kfor): 34 di loro sono rimasti feriti nei violenti scontri esplosi nelle cittadine e tra loro ci sono anche 14 italiani del IX Reggimento Alpini L’Aquila. Tre di questi sono “in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita”, con fratture e ustioni dovute all’esplosione di dispositivi incendiari. A fronte delle tensioni, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha telefonato al presidente serbo Aleksandr Vucic e al primo ministro kosovaro Albin Kurti ribadendo con forza che “ogni violenza e ogni provocazione deve cessare immediatamente: Kosovo e Serbia devono dare piena attuazione agli accordi che hanno sottoscritto grazie alla facilitazione dell’Unione europea. La violenza è inaccettabile. L’Italia vuole contribuire a raggiungere in tempi molto brevi una soluzione sostenibile nel Nord del Kosovo.”

I fatti – Le tensioni interetniche si sono registrate fin dalla mattinata di lunedì, dopo gli scontri di venerdì scorso, quando centinaia di persone si sono radunate davanti ai municipi di tre dei quattro maggiori Comuni a maggioranza serba del Paese per impedire l’ingresso dei nuovi sindaci nei loro uffici, dopo le elezioni del 23 aprile scorso. Il motivo sta nel fatto che i tre politici ad aver ottenuto la vittoria sono tutti di etnia albanese, una minoranza in quell’area del Paese. Un risultato reso possibile dal fatto che le votazioni del 23 aprile sono state boicottate dai serbi: così i rappresentanti del 2% della popolazione sono stati chiamati ad amministrare quelle aree.

Così sono dovuti intervenire gli agenti in tenuta antisommossa della polizia kosovara, ma anche i militari Kfor, la missione Nato guidata dall’Italia che ha lo scopo di garantire la sicurezza ed evitare proprio il riaccendersi delle violenze interetniche che hanno caratterizzato il conflitto alla fine degli Anni 90. A Zvecan gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti che tentavano di entrare con la forza nella sede del Municipio, mentre i militari hanno fatto uso di granate stordenti. Nonostante le violenze, Srpska Lista, il maggior partito dei serbi del Kosovo, ha reso noto che i manifestanti continueranno la loro protesta con due richieste: i nuovi sindaci non dovranno entrare nelle sedi comunali e le unità della polizia kosovara dovranno ritirarsi al più presto dal nord. Finché non saranno accolte, i dimostranti resteranno a presidio delle sedi comunali.

Le violenze sono andate avanti tutto il giorno, con circa mille manifestanti coinvolti, provocando numerosi feriti sia fra i militari Nato che fra i dimostranti. Tra questi anche un inviato dell’agenzia serba Tanjug, colpito alle gambe da una bomba assordante, mentre ai lanci di sassi, bottiglie e altri oggetti gli uomini in divisa rispondevano con lacrimogeni e manganellate. Anche un’auto è stata data alle fiamme.

Anche l’esercito serbo è stato dispiegato al confine e rimarrà in stato di massima allerta fino a venerdì prossimo, come spiegato dal ministro della Difesa, Milos Vucevic: “Tali unità sono pronte a espletare ogni compito e ordinanza che giunga dal comandante supremo delle Forze armate (il presidente Vucic che parlerà alla nazione intorno alle 20, ndr), nella speranza che si trovi una soluzione politica”. Il ministro della difesa ha al tempo stesso criticato la Kfor che a suo dire prenderebbe le difese della polizia kosovara e degli ‘usurpatori della democrazia’ e non della popolazione serba. Il capo di stato maggiore serbo, generale Milan Mojsilovic, ha parlato con il comandante della Kfor, il generale italiano Angelo Michele Ristuccia, che ha ribadito l’impegno della Forza Nato a preservare la pace e a evitare scontri con la popolazione serba. E ha poi condannato le azioni dimostrative: “Gli attacchi ingiustificati alle unità della Nato sono inaccettabili e la Kfor continuerà ad adempiere al suo mandato in modo imparziale”.

La diplomazia – Le violenze hanno reso necessario un colloquio d’urgenza tra il premier kosovaro, Albin Kurti, e l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, con il politico nazionalista di Pristina che ha “sottolineato l’importanza che i nuovi sindaci eletti espletino la loro attività al servizio di tutti i cittadini”. L’ambasciatore americano a Pristina, Jeff Hovenier, ha invece incontrato la presidente kosovara, Vjosa Osmani, affermando che è importante non fare uso della forza per consentire l’ingresso dei sindaci nelle sedi municipali dei Comuni serbi al nord. Una posizione, ha osservato, che è condivisa dagli altri Paesi del Quint: Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia.

Solidarietà è stata espressa dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Esprimo la più ferma condanna dell’attacco avvenuto a danno della missione Kfor che ha coinvolto anche militari di altre Nazioni. Quanto sta accadendo è assolutamente inaccettabile e irresponsabile. Non tollereremo ulteriori attacchi. È fondamentale evitare ulteriori azioni unilaterali da parte delle autorità kosovare e che tutte le parti in causa facciano immediatamente un passo indietro contribuendo all’allentamento delle tensioni. L’impegno del Governo italiano per la pace e per la stabilità dei Balcani occidentali è massimo e continueremo a lavorare con i nostri alleati”. Su Twitter si è espresso anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Voglio esprimere solidarietà ai militari della missione Kfor rimasti feriti in Kosovo durante gli scontri tra manifestanti serbi e polizia kosovara. Tra di loro 11 italiani, di cui tre in condizioni serie ma non in pericolo di vita. I militari italiani continuano a impegnarsi per la pace”. Lo stesso ha fatto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha espresso “vicinanza e augura una pronta guarigione ai militari Nato Kfor italiani, ungheresi e moldavi rimasti feriti negli scontri in Kosovo”.

Articolo in aggiornamento

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