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Ultimo aggiornamento: 12:16 del 3 Giugno 2023

Donna trans manganellata, Luxuria: “Agenti denunciati? Col ddl Zan, oltre all’odio razziale, ci sarebbe l’aggravante dell’identità di genere”

Donna trans manganellata, Luxuria: "Gli agenti denunciati per tortura? Col ddl Zan, oltre all'odio razziale, le aggravanti sarebbero state estese all'identità di genere"
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“Quando hanno arrestato Matteo Messina Denaro, lo hanno preso a braccetto e lo hanno accompagnato. Lui non ha opposto resistenza, ma neanche questa donna trans stava opponendo resistenza all’arresto, perché io quel video l’ho visto bene, anche se mi fa sempre male riguardarlo”. Sono le parole pronunciate a Uno, Nessuno,100Mila (Radio24) da Vladimir Luxuria, che commenta il pestaggio subito da Bruna, la donna transessuale brasiliana di 42 anni accerchiata da 4 agenti della Polizia locale di Milano e poi colpita con calci, manganello e spray al peperoncino. Il legale di Bruna ha depositato in procura una querela per tortura, minacce aggravate, lesioni personali aggravate dall’abuso della funzione pubblica e dalla discriminazione etnica, razziale e religiosa. Tre dei quattro militari sono attualmente indagati.

Luxuria descrive minuziosamente gli attimi del filmato girato da uno studente dell’università Bocconi, affacciato da una finestra dell’edificio: “I metodi usati per arrestare questa persona sono assolutamente sproporzionati. Qualunque cosa possa aver fatto prima non può giustificare metodi così violenti. Il video è chiaro. Riguardo alla denuncia, mi dispiace davvero che non sia passata la legge sulla omotransfobia, ovvero l’allargamento della legge Mancino, tant’è – spiega – che la stessa avvocata della donna, Debora Piazza, ha dovuto usare la legge Mancino solo per quello che riguarda l’odio etnico e razziale, perché la trans è straniera. Ma non si è potuto applicare l’aggravante dell’identità di genere. Il sospetto è che si siano accaniti su di lei in quanto trans e straniera”.

E aggiunge: “Magari questi agenti mai avrebbero pensato che questo episodio diventasse di dominio pubblico. Avranno pensato che Bruna, essendo una trans, una disadattata, una povera, una straniera, mai avrebbe sporto denuncia, perché spesso le persone vulnerabili, prive di documenti a posto o con precedenti, non fanno denunce, come se si sentissero cittadini senza cittadinanza e senza diritti”.

L’attivista critica ferocemente la vulgata, mai provata, secondo cui Bruna si sia denudata davanti a dei bambini: “Per difendere l’indifendibile, cioè quei metodi così brutali, subito è stata tirata fuori la “minaccia nei confronti dei bambini”, una cosa che odio, cioè l’abbinare l’omosessualità e la transessualità alla pedofilia. Io ho scritto un tweet a riguardo e sono stata inondata da commenti che rilanciavano quella motivazione. Ma il problema non è tanto dei social, che spesso sono usati come una sputacchiera, quanto certi organi di stampa e certi politici che, senza sapere quello che era successo prima, hanno subito espresso solidarietà agli agenti. Questa è la cosa che mi sconvolge: il forte pregiudizio transfobo che c’è”.

E conclude: “Molti giornali hanno parlato di Bruna al maschile, definendola “il travestito”. Anche questo è un modo per screditare le vittime di violenza. Qui se ci sono travestiti, sono delle persone che indossano una divisa e che non meritano di indossarla, nel rispetto di tutte le persone che indossano una divisa e che sono sottopagate, rischiano la vita, salvano le persone, come è successo per l’alluvione in Emilia Romagna. Nel rispetto della sacralità della divisa – chiosa – le indagini devono andare avanti e queste persone devono pagare le conseguenze. Io non voglio vivere in un paese in cui, se ho bevuto una birra in più o se ho fumato una canna, qualcuno mi riempie di botte e di manganellate perché stavo schiamazzando”.

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