Alessia Pifferi, la 37enne accusata di omicidio volontario anche aggravato dalla premeditazione per aver lasciato morire di stenti, abbandonandola da sola in casa per sei giorni la figlia Diana, non potrà visitarne la tomba. La Corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha respinto, l’istanza della difesa della donna depositata nei giorni scorsi, dopo il parere contrario formulato anche dai pm Rosaria Stagnaro e Francesco De Tommasi. La Corte milanese, davanti alla quale si sta celebrando il processo, ha respinto la richiesta di Pifferi spiegando, in particolare, che non rientra nella normativa prevista dall’articolo 30 dell’ordinamento penitenziario.

Nell’udienza del processo del 16 maggio scorso erano entrate nel processo le valutazioni degli specialisti del carcere di San Vittore sulla situazione di salute mentale di Alessia Pifferi. Valutazioni di cui fa parte anche una relazione in cui è stato attestato che la donna ha un “gravissimo ritardo mentale” pari a un quoziente intellettivo di “una bimba di 7 anni” e che hanno portato il suo difensore, Alessia Pontenani, a denunciare: “Hanno messo una bambina in mano a un’altra bambina”. La difesa, infatti, ha chiesto una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere della donna al momento del fatto e i giudici si sono riservati di decidere all’esito dell’istruttoria dibattimentale. La Procura, invece, ha sempre evidenziato che la 37enne ha agito “con lucidità”, depositando ai giudici anche l’audio e il video del primo interrogatorio della sera del 20 luglio in Questura, dove appariva come una persona “orientata, capace di descrivere nel dettaglio, senza far trasparire particolari emozioni, poco dopo il ritrovamento del corpo di Diana”.

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