I dati Istat e Eurostat rielaborati dalla Fondazione ISMU ETS dicono che nel 2022 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono stati in totale 133.236 (donne nel 50,9% dei casi). Si tratta del 9,7% in più rispetto al 2021 (121.457 acquisizioni), distante dai minimi del 2012 (65.383), ma anche dai picchi del 2016 (201.591). Un segnale positivo in un Paese che recupera punti nel saldo migratorio e tuttavia non riesce a compensare il bilancio negativo delle nascite. Purtroppo acquisire la cittadinanza non equivale sempre a rimanere in Italia e molti nuovi italiani sono tra coloro che allungano le fila di quelli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), gruppo che ha ormai superato la popolazione straniera regolarmente residente sul territorio nazionale.

In media, segnala la Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità, nel 2022 ogni 38 stranieri residenti uno è divenuto italiano. Rispetto al resto dell’Unione Europea, l’Italia è al nono posto per acquisizioni di cittadinanza, oscillando fra il quinto e decimo posto tra 2014 e 2021. In testa alla classifica Ue c’è la Svezia, dove si registra il maggior tasso annuo di acquisizione: uno ogni 10 stranieri residenti. Seguita dai Paesi Bassi (uno ogni 19) e dalla Romania (uno ogni 22). L’identikit dei nuovi italiani emerge dai dati del 2021, gli ultimi disponibili. Si tratta soprattutto di albanesi (22.493), marocchini (16.588), rumeni (9.435), che sono poi le principali nazionalità presenti nel nostro Paese. Seguono brasiliani (5.460), bangladeshi (5.116), indiani (4.489), pakistani (4.410), argentini (3.669, più del doppio rispetto al 2020, anno in cui se ne contavano 1.717), moldovi (3.633) ed egiziani (3.531). “L’elevato numero di acquisizioni da parte di brasiliani e argentini – precisa la Fondazione – è dovuto alla possibilità di naturalizzazione per ius sanguinis e cioè grazie alla presenza di avi italiani”.

Indicatore di stabilità e integrazione, i dati sulla cittadinanza vanno però osservati tenendo presente altre variabili. Il 9,8% dei cittadini italiani (5,8 milioni di persone) risiedono in un altro Paese, dice l’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Più della popolazione straniera regolarmente residente in Italia (5 milioni e 50 mila unità a gennaio), già insufficiente a compensare il saldo negativo tra nascite e decessi (-320mila unità) nonostante il saldo migratorio netto sia positivo e in crescita (+229mila nel 2022). “Si stima che al 1° gennaio 2020 il contingente dei “nuovi” italiani, ossia persone straniere di nascita che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono oltre 1 milione 500 mila – scrivono Francesca Licari e Fabio Massimo Rottino dell’Istat nel Rapporto – di cui circa 1 milione 253 mila unità originari di un paese non comunitario”. Ma una volta ottenuta la cittadinanza, non tutti rimangono in Italia.

Nel periodo 2012-2020, “degli oltre un milione e 194 mila stranieri divenuti italiani, sono quasi 107 mila le persone che hanno poi trasferito la residenza all’estero”. Di questi, quasi 28 mila sono emigrati nel solo 2020, e poco meno di 17 mila nel 2019″. E se comunità storicamente presenti sono meno propense a espatriare dopo la cittadinanza (Marocco con 11 espatriati ogni 100 acquisizioni e Albania con 2 su 100), nel caso dei brasiliani si arriva a 41 su 100. Seguono Bangladesh con il 34% di emigrazioni, Pakistan con il 20% e India col 16%. Indice di quanto l’Italia sia in grado di offrire ai suoi nuovi cittadini, soprattutto a quelli più giovani. Un’indagine Istat ha rivelato che “il 59% degli studenti stranieri delle scuole secondarie vorrebbe da grande spostarsi all’estero“, scrive la Fondazione Migrantes, che sottolinea come si tratti di un dato molto più alto rispetto a quello degli alunni italiani (42%).

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