Troppo facile, scontato, quasi banale in queste ore schierarsi dalla parte della professoressa accoltellata ad Abbiategrasso da uno studente 16enne di buona famiglia. Intanto ci sarebbe da chiarirsi sul “buona famiglia”: quanti libri c’erano a casa di questo ragazzo? Dov’è stato portato in vacanza negli ultimi anni? Era seguito nello studio? Quante play station aveva in casa? Quanto la usava?
Fatta questa premessa due problemi. Il primo: la questione voti. Il secondo: gli annunci del ministro che s’improvvisa pedagogista.
Parto dall’ultima. Succede il trentesimo episodio di aggressione ad un professore in un anno e il nostro “leghista” che somiglia sempre più a un questore di provincia e ad un addetto alle televendite pomeridiane cosa ci propina stavolta? Lo psicologo a scuola.
Ora a voler esser buoni mi vien da rispondere per dati: ci sono scuole con mille studenti, quanti psicologi sono previsti? Perché se fosse uno per scuola si farebbero le code come nella Sanità pubblica. Valditara forse non lo sa (vorrei sapere, infatti, qual è stata la sua ultima presenza in una scuola primaria o media prima di tagliare nastri da ministro) ma la figura dello psicologo già c’è in molte scuole ed è poco o per nulla utilizzata.
A voler essere meno buoni: voi ve lo immaginate l’accoltellatore che prima di tirar fuori la lama passa dall’ufficio della psicologa ad esprimere il suo disagio?
Ora lì mi sembrano evidenti due aspetti: le relazioni tra questa prof e il ragazzo si erano rotte. Secondo quanto riportato da Today il dirigente scolastico, Michele Raffaeli, ha detto “che quest’anno, l’alunno aveva già preso sei note – quattro delle quali dalla prof d’italiano – e proprio martedì doveva esserci un colloquio con i suoi genitori”. E’ evidente che la relazione lì non è funzionata. Con riverenza e umiltà vorrei chiedere alla professoressa se in questi anni ha mai ricevuto una formazione sulla psicologia. Ecco perché non abbiamo bisogno di uno psicologo per scuola, ma di formare ciascun docente. Ogni maestro, ogni professore dev’essere una sentinella. Chiamare la Croce Rossa (lo psicologo) quando l’alluvione è già passata non serve a nulla. Serve prevenzione, educazione ai sentimenti e questo lavoro lo può fare solo chi è in classe da solo.
Ultimo aspetto: note e voti. Ma a cosa sono servite queste quattro note? Evidentemente a nulla. Nel 2023 comunichiamo ancora con le note come se fossimo nel libro “Cuore”. Il ragazzo ha perso la testa (e l’ha persa, non ci sono dubbi) di fronte all’ennesima interrogazione per recuperare un brutto voto. Ma quando capiremo che lo stigma del numero, l’etichetta, non serve a nessuno? Quando capiremo che si può dire a Giovanni che ce la può fare senza dargli un quattro o un 1,5?
Troppo facile fare i ministri che ci raccontano la storiella dello psicologo correndo ai letti d’ospedale di chi viene accoltellato. Se davvero crede nella Scuola, il signor ministro investa sulla formazione psicologica, pedagogica e didattica di docenti e presidi!