I postumi delle elezioni regionali e municipali in Spagna che hanno dato la vittoria ai popolari e che hanno obbligato il presidente del governo, Pedro Sánchez, ad annunciare le elezioni anticipate, continuano. Martedì 30 maggio passerà alla storia come il giorno in cui nel sistema politico del Paese è nato un partito e ne è morto un altro. A sinistra Sumar annunciava pubblicamente la costituzione del partito alle 13,47; poco meno di un’ora dopo, alle 14.30, la direzione del partito centrista Ciudadanos annunciava che non si sarebbero presentati alle elezioni generali del 23 luglio.
Sumar, l’unica soluzione a sinistra del Psoe
Ventiquattro ore dopo l’annuncio di Sánchez, un tweet decretava ufficialmente la nascita di un nuovo partito, il Movimiento Sumar, guidato dalla ministra del Lavoro, Yolanda Díaz: “Siamo pronti per le elezioni”. L’obiettivo di Sumar, la cui costituzione è iniziata con la presentazione di Madrid ad aprile, è ricostruire l’unità dello spazio politico a sinistra del Psoe, da anni frammentato in diverse formazioni, e che, come si è visto, ha ottenuto scarsi risultati nelle ultime elezioni. Fino a ora Izquierda Unida, Verde Equo e Alianza Verde hanno annunciato di voler confluire in Sumar. Si è aggiunto anche Más Madrid, Catalunya en Comú e si sono corso le negoziazioni con il partito valenciano Compromís.
Il punto interrogativo continua ad essere Unidas Podemos. In questi mesi le due formazioni hanno cercato il dialogo, poi sospeso. Ufficialmente, quel che li ha divisi sono due rivendicazioni di Podemos: la richiesta di primarie aperte (che Díaz aveva escluso) e la necessità di un accordo sul peso che avrebbero le diverse formazioni riunite in Sumar. L’intenzione era di riaprire le trattative a giugno, ma l’annuncio di Sánchez ha stravolto i piani ed è iniziata una corsa contro il tempo. Le primarie non sono più un’opzione, dato che la legge elettorale prevede un tempo limite di 10 giorni dalla convocazione delle elezioni per registrare le coalizioni.
Javier Lorente, docente di Scienze Politiche dell’Università Rey Juan Carlos, spiega che in questo momento né Podemos né Sumar hanno un vantaggio nel processo di negoziazione. “Podemos vuole avere dentro Sumar una presenza più grande rispetto a quella che può apportare con il voto dei suoi elettori e questo genera certa diffidenza. Allo stesso tempo i partiti che hanno sostenuto Yolanda Díaz (e per i quali la ministra ha chiesto il voto nelle ultime elezioni), come En Comú Podem, Compromis e Más Madrid non hanno ottenuto risultati brillanti”.
Podemos e Sumar tuttavia sono costretti a capirsi, dato che la legge elettorale spagnola penalizza i partiti che ottengono un risultato inferiore al 10-12%. I comizi della scorsa domenica hanno dimostrato che la frammentazione dello spazio progressista può essere disastrosa, e Podemos è stata una delle vittime principali. Secondo Lorente in queste elezioni si è verificato un passaggio incrociato di voti: ipotizza che il Psoe abbia perso consensi a destra e ne abbia ottenuti altri da Podemos, i cui elettori hanno optato per l’astensione o per alternative di sinistra come partiti regionalisti o nazionalisti. L’esperto individua inoltre due motivi che hanno portato alla débâcle. “In primo luogo, Podemos è nato in un contesto che non esiste più, la crisi economica e la gran recessione del 2010. Poco a poco ha perso il suo significato e quel che resta è Izquierda Unida e il Partito comunista, che hanno uno spazio elettorale piccolo ma solido. In secondo luogo, è un partito ‘decapitalizzato’, che ha perso leader come Iñigo Errejon e piazze importanti come Madrid”, afferma.
Ciudadanos, gli ultimi giorni di un partito liberale
Mentre l’annuncio dell’anticipo elettorale ha colto di sorpresa tutte le formazioni, il fallimento di Ciudadanos era annunciato da tempo. Martedì, dopo una riunione straordinaria, Adrián Vázquez, segretario generale, ha annunciato la decisione del partito di non concorrere alle elezioni anticipate del 23 luglio: “Il messaggio delle municipali e regionali è stato chiaro. Gli spagnoli non ci vedono come un’alternativa politica trasformatrice del nostro Paese. Ma non ci arrendiamo, sappiamo che oggi non c’è spazio elettorale ma sì politico per le idee liberali. Lavoreremo per un progetto più forte, più attraente elettoralmente”.
In soli quattro anni Ciudadanos è passato a essere il terzo partito nazionale, con pochi voti di distanza dal Pp, a non presentarsi alle elezioni. Per Lorente sono due i momenti che hanno segnato la storia di Ciudadanos e l’hanno portato alla morte politica. Il primo, le elezioni generali del 2019. Ad aprile si votò e la formazione, allora guidata dall’avvocato catalano Albert Rivera, ottenne 57 seggi, diventando la terza forza più votata dopo Psoe e Pp. Tuttavia, l’ostinazione nel non voler sostenere un governo del candidato più votato, Pedro Sánchez, obbligò a tornare a elezioni a novembre: in pochi mesi, Ciudadanos passò da 57 a 10 seggi. La “seconda ferita mortale”, come la definisce il politologo della Rey Juan Carlos, arrivò nel 2021, quando alle elezioni anticipate della Comunità di Madrid il partito rimase fuori dall’Assemblea regionale.
La decisione di non concorrere alle Politiche segna probabilmente la fine di Ciudadanos. “Un partito che non si presenta alle generali è un partito che non vale nulla”, afferma Lorente. Il disastro elettorale di domenica si spiega come conseguenza di una serie di scelte sbagliate del partito ma è anche una costante nella storia politica del paese. “In Spagna i partiti centristi non funzionano. La Cds (Centro Democratico e Sociale) di Adolfo Suarez si è estinta, così come la UPyD (Unión Progreso y Democracia) e ora Ciudadanos. La Spagna è un Paese con una politica di blocchi definita. Quando un partito si dice di centro, ma sostiene sempre un partito come il Pp, a cosa serve?”, afferma Lorente.
Inoltre, come nel caso di Podemos, anche Ciudadanos è nato in un contesto politico e sociale differente con rivendicazioni che non sono più attuali. Ciudadanos si presentava come alternativa ai partiti tradizionali, denunciando la corruzione tra le fila dei popolari e, soprattutto, l’indipendentismo catalano. “Una volta arrivate le sentenze sui casi di corruzione del Pp il tema sparisce dal dibattito. E il procés non è più una preoccupazione. Il partito ha cercato di conquistare lo spazio del centrodestra occupato dai popolari e alla fine ha perso credibilità come partito di centro”. Per questi motivi Lorente considera estremamente difficile che Ciudadanos possa rifondarsi, perché lo spazio politico a cui aspira si è chiuso.
Oltre al suo spazio politico ed elettorale, il partito ha perso anche la sua leader, Inés Arrimadas, che ha annunciato di voler abbandonare la politica. “Ho difeso con fermezza la decisione di Ciudadanos di non presentarsi a queste elezioni. È difficile, ma è la scelta politica più intelligente per lo spazio di centro liberale. Sul piano personale, ho deciso di porre fine alla mia tappa politica. In questi 10 anni mi avete sentito dire che la politica deve essere solo una fase della vita di una persona e come ogni tappa ha un inizio e una fine”.