Un blitz – è l’accusa – tentato “alla chetichella e lontano da occhi indiscreti”, per cambiare “l’ordinamento della Difesa del nostro Paese”. Nella notte tra mercoledì e giovedì il governo ha presentato un emendamento al decreto-legge Pa volto a separare la carica del segretario generale della Difesa da quella del direttore nazionale degli armamenti, al momento unificate. Per l’opposizione si tratta di una “scelta grave che lede per l’ennesima volta l’autonomia del Parlamento”. L’esecutivo allora fa un passo indietro e ritira l’emendamento, “come gesto di apertura e responsabilità”. Ma il ministro della Difesa, Guido Crosetto, assicura che la misura sarà riproposta con un “prossimo provvedimento ad hoc”. E ricorda che in passato le ministre Roberta Pinotti (Pd) e Elisabetta Trenta (M5s) avevano sostenuto la stessa divisione dei ruoli, peraltro presente “in quasi tutti i dicasteri della Difesa dei Paesi democratici”.

L’emendamento, si legge nella relazione, è volto a “definire i lineamenti complessivi della riorganizzazione del ministero della Difesa”, introducendo le rimodulazioni necessarie a separare “gli incarichi e le attribuzioni del Segretario generale della Difesa da quelle del direttore nazionale degli armamenti”. Attualmente, il generale Luciano Portolano ricopre entrambe le cariche. Molteplici i suoi compiti: area tecnico-amministrativa, industriale, affari giuridici, economici, disciplinari e sociali del personale militare e civile, ricerca e sviluppo, produzione e procurement degli armamenti. Sdoppiare le cariche, secondo il governo, è un interventostrategico” a tutela delle “necessarie efficacia e prontezza” che la Difesa è chiamata a fornire. Nei piani del governo, non soltanto le cariche saranno distinte, ma una delle due – novità assoluta – potrà essere ricoperta da un civile. Il testo, inoltre, interviene anche su un altro aspetto: l’impedimento all’avanzamento al grado superiore dei militari sotto processo per delitti non colposi. Attualmente basta essere rinviati a giudizio per vedersi bloccato il passaggio di grado. Con l’emendamento servirà invece una sentenza di condanna in primo grado.

I primi a scagliarsi contro l’emendamento sono stati i dem Simona Bonafè e Arturo Scotto: il governo, accusano, ha agito “ignorando i richiami del presidente della Repubblica sull’omogeneità nei decreti. Una riforma vera e propria attraverso un emendamento. Una scelta grave. Ne chiediamo lo stralcio immediato”. Sulla stessa linea Marco Pellegrini e Raffaele De Rosa (M5s), capigruppo nelle Commissioni Difesa di Camera e Senato: il blitz, osservano, “non è stato grave solo per questioni di metodo, ma anche nel merito perché conferma la preoccupante deriva bellicista di questo esecutivo e la sua vicinanza alla lobby delle armi“. A stretto giro il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, in accordo con Crosetto, ritira la proposta. E il titolare della Difesa passa al contrattacco: la divisione di ruoli, ricorda, “è allo studio da anni, era stata prevista per la prima volta già nel Libro bianco per la sicurezza internazionale e la Difesa del 2015 e nel disegno di legge presentato allora dal ministro della Difesa Pinotti. Era stato successivamente anche presentato come intervento utile dalla ministra Trenta. L’emendamento è esattamente il contrario di ciò che Pellegrini e De Rosa, inclini alla diffamazione, cercano di far figurare. Le due cariche (segretario generale Difesa e direttore nazionale armamenti) saranno ricoperte una da un militare e una da un civile come è giusto che sia. Una ratio che è l’esatto opposto di qualsiasi presuntamilitarizzazione” e di ogni logica “bellicista””, rivendica.

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