Ci sono regali che si fanno apprezzare per l’autentico valore, e non certo di corruzione materiale. L’altra sera a Milano, alla presentazione ufficiale della 36esima Maratona dles Dolomites, prestigiosa gara ciclistica per appassionati, gli invitati uscivano dalle Gallerie d’Italia con in mano l’omaggio di una semplice scatola di legno chiaro, grande come un libro: piccolo pregevole lavoro artigianale, porta scolpito sopra, in un rettangolino, il logo di quest’anno della manifestazione sportiva dell’Alta Badia, ‘Umanité’ in ladino, e sul dorso destro un’altra scritta leggera invita: ‘Disconnettiti e riscopri l’umanità’. In effetti, questo oggetto dignitoso e allusivo può anche contenere uno o più telefoni cellulari, ma anche l’iPhone con l’iPad e lo smartwatch e quant’altro d’appendici elettroniche indossi un occidentale benestante di oggi, come il maratoneta-ciclista delle Dolomiti.
E dire che non mancavano gli sponsor dalle grandi disponibilità, prima di tutto Banca Intesa San Paolo che ha fornito l’eccezionale cornice all’evento, organizzando anche visite guidate alla mostra di arte contemporanea che è stata appena inaugurata nel palazzo che fu della Comit. Anche gli altri primari marchi che investono su questa manifestazione avrebbero ben voluto presentarsi con omaggi più consistenti per il lancio della Maratona, ma non ammette deroghe lo stile della casa, curato dal patron Michil Costa, albergatore intellettuale e militante ambientalista. Il suo ultimo libro, FuTurismo, Raetia ed., è un accorato appello per tornare a un modello d’ospitalità meno invasiva e perciò anche questa manifestazione si è auto-ridotta a 8mila iscritti, nonostante siano più di 27mila le richieste, da ogni parte del mondo.
L’ambitissima gara è costellata da iniziative di beneficenza, nel 2023 andranno in favore della Fondazione Dynamo Camp per bambini affetti da patologie gravi o croniche e il progetto di formazione e recupero internazionale dell’Associazione Gruppi Insieme si può, rivolto in particolare ai bambini ucraini vittime della guerra. Umanité non solo a parole, dunque.
Così la Maratona si fa volentieri perdonare l’eccesso di esclusività: il percorso clou prevede oltre 4.200 metri di dislivello in 138 chilometri, con una serie di salite da professionisti più che da amatori, tant’è che accanto ai vari personaggi pubblici super-sportivi, rappresentati a Milano da Linus, si presentano al via grandi campioni di ieri del ciclismo professionista, come Vincenzo Nibali, piuttosto che alpinisti di altissimo livello come Hervé Barmasse, per non dire della teoria di cosiddetti Vip.
Per la Maratona – è bene ricordarlo – vengono chiusi al traffico i più spettacolari passi dolomitici nella giornata del 2 luglio, come la Fondazione Costa e varie associazioni chiedono di fare più stabilmente. Per ora succede soltanto in questa e altre occasioni più popolari e aperte a tutti: le manifestazioni ciclistiche su strade per qualche ora liberate dalle auto cominciano con il SellaRonda il 10 giugno prossimo venturo, seguono svariate occasioni simili, ma mai sufficienti, nei fine settimana estivi in Trentino Alto Adige e in Lombardia.
Sembra assurdo, ma proprio in questi giorni si parla di un nuovo possibile scempio che verrebbe perpetrato ai danni del già martoriato passo Sella. Un ipotetico processo di Norimberga per i crimini contro i patrimoni naturali dell’umanità registrerebbe già, a proposito di questo contesto alpino davvero unico, un’orribile gigantesca vasca azzurra per l’innevamento artificiale, i nuovi parcheggi a pagamento per le auto e un grande albergo di lusso dove c’era una volta la vecchia capanna rifugio del Cai. Adesso è sul tavolo la proposta di sostituire la storica cabinovia a due posti che porta verso l’intaglio tra Sassolungo e Cinque Dita con un impianto ben più capiente, il che creerebbe tra l’altro ulteriori problemi di traffico intorno al Sella, oltre che il rischio di nuove edificazioni in quota.
La direzione verso cui questa nuova moderna cabinovia porterebbe molti più turisti di oggi; oltretutto, non apre proprio alle escursioni più banali e le classiche mete mordi-e-fuggi, per esempio il rifugio Demetz che è situato proprio all’arrivo, soffrono già oggi il sovraffollamento e la carenza idrica, oltre a portare il peso degli anni nella struttura. Tant’è che risulta agli atti già l’acquisto di nuovo terreno demaniale per l’allargamento delle strutture, pratica effettuata in primis dal vicino rifugio Comici (il cui proprietario è lo stesso della società dell’impianto di risalita).
Contro il progetto della cabinovia, temendo soprattutto che poi si traduca in una nuova pista da sci, si sono schierati gli ambientalisti ladini riuniti nelle associazioni Nosc Cunfin, Lia per Natura y Usanzes, la Lia da Mont Gherdëina, con le guide alpine della val di Fassa, della val Badia e della val Gardena, che hanno chiesto al governo locale di porre sotto un vincolo di tutela l’intera area circostante, i cosiddetti Piani di Cunfin.
Ora, nessuno vuole essere così integralista da proporre di smantellare del tutto l’attuale piccola cabinovia del Sassolungo, o da vietare ristrutturazioni ai rifugi, ma sarebbe auspicabile conservarli e rinnovarli secondo lo stile originario, e nel caso poco invasivo, che li caratterizza. E’ un tema delicato e decisivo del futuro della montagna, questo della riconversione dei vecchi impianti di risalita con le strutture connesse e dello stop a nuove insensate cabinovie: speriamo che l’Alto Adige voglia risparmiarsi certe mostruosità che si vedono nelle Alpi occidentali. Lo suggeriscono persino i calcoli di convenienza: in fondo fa comodo a tutti gli operatori economici la de-stagionalizzazione del turismo che nasce da manifestazioni come la Maratona dles Dolomites o da eventi culturali come il bel festival Transart a settembre: anche per questo la tutela del panorama è fondamentale.