Lo avevano promesso e hanno deciso di farlo, scegliendo un giorno simbolico, quello della Festa della Repubblica. I metalmeccanici della Fiom-Cgil vanno a Parigi, sotto la sede di Stellantis, a chiedere all’amministratore delegato del gruppo italo-francese, Carlos Tavares, l’apertura di un confronto sulle condizioni di lavoro e le prospettive, produttive e occupazionali, degli stabilimenti italiani dell’ex Fca, definite “quantomeno incerte”. Cento delegati in arrivo da tutti gli stabilimenti del Paese sono partiti dal centro di Torino, una volta la mecca della Fiat, destinazione Poissy, in cerca di garanzie anche di fronte alla direzione che stanno prendendo gli investimenti sulla transizione industriale di Stellantis, con le principali giga factory che parlano straniero. A Douvrin, vicino a Lille, ne è stata inaugurata una negli scorsi giorni, e a breve toccherà alla Germania, mentre la promessa di fare tris a Termoli è rimandata al 2026.

I dati dell’automotive in Italia, del resto, parlano chiaro. I dati messi in fila dalla Fiom sono agghiaccianti: nel 1999 si producevano 1.410.459 veicoli, nel 2022 si è scesi a 473.194, quasi un milione di automobili ‘perse’, il -66,45%. Nel 1999 l’Italia – ricorda il sindacato – era ancora il quinto produttore in Europa, ma negli ultimi due decenni è stata superata da Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Turchia. E l’Ungheria è ormai prossima a scavalcarla. La Francia non se la passa meglio, avendo perso una quota di produzione in ambito europeo inferiore solo all’Italia. “Le ricadute sull’occupazione sono inevitabili – ricorda la Fiom – Secondo i dati dell’OECD l’occupazione del settore automotive è passata da 210.300 persone del 1995 a 172.930 del 2020. Il calo complessivo, quindi, è stato del 17,76%”.

La sola Stellantis negli stabilimenti che si occupano di assemblaggio, powertrain e gli enti centrali ha perso in dieci anni 8.488 posti di lavoro, circa il 20 per cento dei 40.081 nel 2014. E il taglio occupazionale “non è ancora finito”, sottolinea la Fiom, poiché “l’ultimo accordo separato di incentivazione all’esodo sottoscritto a febbraio prevede ulteriori 3.079 uscite” che porteranno i posti di lavoro persi in Italia a 11.500. Da qui la scelta di andare a Parigi per chiedere a Tavares, già invitato lo scorso novembre a un confronto, un tavolo che porti a un “accordo quadro”, sotto l’egida del governo italiano, che garantisca “prospettive industriali e occupazionali” ai lavoratori del gruppo e della filiera della componentistica.

“Siamo un Paese in grado di produrre 1,8 milioni di auto ogni anno. Serve quindi darci degli obiettivi – ricorda il segretario generale della Fiom, Michele De Palma – Uno: subito un piano per arrivare a un milione. Due, che la transizione porti 3.500 giovani negli stabilimenti e che in Italia si producano auto ecologiche alla portata del cittadino medio. Oggi un operaio non può comprare una Cinquecento ad alimentazione elettrica”. Con la nascita di Stellantis, ricorda De Palma, “pensavamo che ci sarebbe stato più lavoro e migliori condizioni per gli operai”. E invece, al di là dei numeri, il doversi mettere in viaggio verso Parigi, da Torino, dove negli Anni settanta la Fiat contava 120mila lavoratori, per far sentire la propria voce alla ‘testa’ dell’azienda è la fotografia più nitida di quale sia stata finora la parabola e quale sarà, senza una sterzata rapida, la direzione del futuro.

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