Il governo pensa a un pacchetto di norme per fare un “tagliando” alle norme sulla violenza di genere. La storia di Giulia Tramontano, la 29enne incinta di 7 mesi uccisa dal fidanzato nel Milanese, ha sconvolto – una volta di più – l’opinione pubblica. E rimette la violenza di genere al centro del dibattito politico. La ministra per le Pari opportunità Eugenia Roccella anticipa che in uno dei prossimi consigli dei ministri porterà il provvedimento a cui sta lavorando con i ministeri dell’Interno e della Giustizia: “La legge da sola non basta, senza un cambio culturale – scrive in un post su Facebook – ma può fare tanto e renderla il più efficace possibile è un imperativo categorico di cui avvertiamo tutta la responsabilità”. La ministra sostiene che il provvedimento era in “prima di tutto questo” riferendosi anche ai fatti di Roma, dove la poliziotta Pier Paola Romano è stata uccisa da un collega che si è poi tolto la vita. “All’orrore – dice la ministra – sembra non esserci limite. Una ferocia indicibile”.
In queste ore intanto rimbalza sui social l’hashtag #losapevamotutte. Migliaia di tweet moltiplicano lo sdegno e le riflessioni sui due femminicidi. Lo sapevamo tutte cosa? “Avevamo capito – scrive una utente twitter – che: non si era allontana da sola, era stato lui, era già morta. Lui aveva simulato la fuga con messaggi, soldi passaporto. Questa splendida ragazza ed il suo bimbo non avranno giustizia. Sappiamo anche questo”. Il sentire comune non è quello di istruire le donne a difendersi, ma di educare i figli a rispettarle.
La segretaria del Pd Elly Schlein parla di un “orrore senza fine” di fronte al quale “è difficile anche trovare le parole”. “Non è solo questione di affinare gli strumenti legislativi – dice la leader democratica – che pure vanno utilizzati di più e meglio. Come ribadiamo da tempo, occorre affiancare al piano legislativo e repressivo quello della prevenzione, educativo e culturale, a tutti i livelli, e sostenere i centri antiviolenza che fanno un enorme lavoro di prevenzione e sostegno. Occorre investire di più sulla formazione e la specializzazione delle Forze dell’Ordine perché sappiano riconoscere da subito i primi segnali della violenza, possano fare un’attenta valutazione del rischio, credendo alle donne che denunciano, superando stereotipi e pregiudizi”.
La segretaria del Pd rinnova poi “la richiesta di far partire la Commissione d’inchiesta sul femminicidio per proseguire il lavoro della scorsa legislatura, intensificare l’analisi e individuare le risposte da dare contro la violenza di genere che è un fenomeno strutturale su cui bisogna fare di più”. Una richiesta avanzata anche dalla senatrice dem, Valeria Ferrante: “La politica si indigna il giorno dopo, ma lascia nel cassetto il disegno di legge sul contrasto alla violenza domestica e di genere e non nomina i componenti della Commissione di inchiesta sul Femminicidio che avrebbe dovuto fare un salto di qualità rispetto alla precedente e a completare un lavoro avviato”. Il Parlamento ha votato a febbraio la commissione della Bicamerale su femminicidio, ma dopo quattro mesi i lavori non sono partiti. Il motivo? Secondo Ferrante si tratta di “mancati accordi politici tra le forze di maggioranza e opposizione”. Il disegno di legge contro la violenza sulle donne, invece, era stato messo a punto dalle precedenti ministre del governo di Mario Draghi: “Era uno strumento molto utile per fare correzioni laddove c’erano margini per intervenire e noi lo abbiamo ripresentato”, sottolinea Valente. “So che la Commissione Giustizia ha incardinato la discussione, si attende anche un ddl del governo sul tema, bisogna accelerare”, aggiunge la senatrice dem spiegando le azioni da intraprendere: “Le misure cautelari devono essere usate di più e meglio e si deve semplificare lo strumento di controllo come ad esempio il braccialetto elettronico. Bisogna credere alle donne e non sottovalutare i fattori di rischio e la pericolosità sociale degli uomini”.