Pochi giorni fa, nel centro di Milano, i manager italiani della Honda hanno spiegato ai giornalisti che la Casa giapponese vorrebbe diventare una marca premium, e che quindi i prezzi dei nuovi Suv in arrivo a settembre sarebbero cresciuti, nel caso della CR-V, e non sarebbero stati comunque da brand “generalista” nel caso degli altri due modelli della gamma.

Qualche giorno dopo, sempre nel centro di Milano, nel presentare il face-lift della Classe B i manager italiani della Mercedes, hanno illustrato alla stampa la “ridefinizione strategica del prodotto”. Mostrando un diamante che, nel 2019, aveva una base cicciotta (la fetta del cosiddetto “entry luxury”) e una punta strettina (“top-end luxury”). Nel 2026, nei piani dell’azienda di Stoccarda, il diamante si presenterà capovolto: la puntarella starà in basso, come a dire che saranno pochi i modelli e le versioni “entry level” acquistate, e la parte alta del diamante sarà invece cicciotta, perché la clientela Mercedes tendenzialmente acquisterà – o noleggerà – le vetture più costose delle gamma.

La polarizzazione del mercato, se continua così, vedrà un po’ tutti i brand sgomitare per conquistare il pubblico altospendente e a tutti gli altri ci penseranno la Dacia e i cinesi. Si estremizza, okay, ma vedere l’erede della Classe A che tanto piaceva alle donne italiane e agli anzianotti del centro Europa partire da quota 37 mila euro fa un certo effetto, a noi che ogni tanto facciamo l’automatica conversione in lire (siamo a quasi 72 milioni, perbacco).

E vabbè, dai, per non sentirci troppo vecchi (e poveri?), abbiamo smesso di pensare ai bei tempi, di quanto prima di diventare di successo la vecchia Classe A doveva sottoporsi agli esami di riparazione nella prova dell’alce, e siamo andati in periferia a fare un giro su una delle nuove Classe B. Optando tuttavia, per stare saldamente ancorati al passato e girando la testa di fronte all’argomento “plug-in”, per una versione diesel. Avremmo anche, magari, desiderato un classico e passatista cambio manuale ma non è stato possibile: non c’è più. Solo il comodo automatico con le palette al volante è, infatti, previsto sulla Classe B.

Al volante della sport-tourer tedesca si sta molto comodi, sentendosi anche “moderni” grazie alla console centrale ridisegnata per apparire ancora più tecnologica. Sugli avvolgenti e rialzati sedili si domina visivamente la situazione esterna, anche se, rispetto all’antenata, già più volte citata e alla sua erede, la prima Classe B, il look della vettura si è via via “attapirato”, trasformandosi da monovolume a station wagon alta di statura.

I motori a gasolio sono i classici quattro cilindri, con potenze da 116 cavalli (e da 37.560 euro di listino) a 190 cavalli. La declinazione da 116 cavalli consuma ovviamente meno e altrettanto ovviamente non è un fulmine di guerra in ripartenza. Dando una sbirciata alle motorizzazioni a benzina, tutte ibride, ci è stato detto che in modalità solo elettrica la versione Plug-in ha aumentato la sua autonomia di qualche km, salendo così a quota 81. Tanto? Poco? Fate vobis. Prezzo? Si parte da 46.710 euro.

Le modifiche estetiche del maquillage hanno riguardato i fari e la griglia anteriore, lo spoiler posteriore, il design dei cerchi (che possono arrivare a 19 pollici). Anche puntando diritto all’acquirente granoso, la Mercedes sa che pure al cumenda (o alla moglie del cumenda, visto che la metà dei compratori di Classe B sono donne) talvolta nel vendere la sua auto vuol pensare di “vendere bene”. Ed ecco quindi che sono in listino sette versioni diversamente farcite di optional e destinate tutte ad essere prezzate dagli specialisti dell’usato. Quanto sia interessante davvero questa “protezione anti svalutazione optional” per il cliente non lo sapremo mai, ma venduta bene è un’idea caruccia. Un po’ come la Classe B, insomma.

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