La motovedetta della Guardia di Finanza “lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target, si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone“. E secondo la Procura, inoltre, sarebbero stati alterati i documenti della motovedetta: “Il giornale di chiesuola presenta delle significative anomalie”. È tutto scritto nel decreto che ha disposto le perquisizioni e sequestri nelle sedi della Guardia di finanza e della Guardia costiera, firmato dalla Procura di Crotone nell’ambito dell’indagine sul naufragio del barcone carico di migranti che si spezzò il 26 febbraio scorso impattando con una secca di fronte alla costa di Cutro, uccidendo 94 persone (imprecisato il numero dei dispersi). Sono sei gli indagati dal sostituto procuratore Pasquale Festa: il tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia della Guardia di Finanza; Antonino Lopresti, dello stesso Roan, operatore di turno la notte del naufragio, e il colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Ai tre militari è stato notificato il decreto di perquisizione emesso dalla Procura. Lo stesso provvedimento, inoltre, è stato notificato ad altre tre persone i cui nomi, però, sono stati omissati. Lo scopo è di acquisire tutte le informazioni sulle comunicazioni e gli ordini di servizio intercorsi tra i vari comandi nella notte fra sabato 25 e domenica 26.

Nel decreto di perquisizione si ricostruisce quello che accade la notte del naufragio. Si parte dalla segnalazione di Frontex alle 23.03 del 25 febbraio all’ufficio competente di Versavia e, per competenza, all’International coordination center di Pratica di Mare con cui si indica la presenza di un’imbarcazione che naviga con “buona galleggiabilità” e sulla quale si vede “una persona sul ponte superiore” e “possibili persone aggiuntive sottocoperta”. La comunicazione viene poi inoltrata alle sale operative della Guardia di Finanza di Vibo Valentia ed al Comando generale della Guardia costiera.

Alle 23.49, in una telefonata tra la Guardia di Finanza e la Guardia costiera, l’operatore Lopresti afferma che si sta recando in zona la motovedetta V5006. L’operatore della Guardia costiera risponde che “avrebbe potuto allertare un’unità di Crotone o di Roccella Ionica ricevendo assicurazioni da parte dell’operatore della Guardia di Finanza”. Le indagini hanno però accertato, si legge nel decreto, che quella motovedetta”in quei momenti, lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target, si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone“. Da bordo della stessa motovedetta, inoltre, avevano fatto sapere due ore prima che non avrebbero potuto navigare a causa delle condizioni del mare. Secondo la Procura sarebbero anche stati alterati i documenti della motovedetta della Guardia di Finanza: “Il giornale di chiesuola – si afferma nel decreto – presenta delle significative anomalie: le modalità di redazione inducono a ritenere che le circostanze presenti alle pagine 37, 38, 39 e 40, verificatesi in momenti antecedenti al disastro, quindi in una situazione non di emergenza, siano state annotate successivamente ai fatti“.

Il colonnello Vardaro, nonostante gli fosse stato detto di andare ad intercettare l’imbarcazione con i migranti, secondo quanto ricostruisce il decreto ha impartito l’ordine di salpare solo dopo avere ricevuto alcuni solleciti da Lopresti. Il barcone viene agganciato per la prima volta dai radar alle 3.34, a poco più di sei chilometri dalla costa di Isola Capo Rizzuto e a 13 chilometri e mezzo dalla foce del torrente nei pressi del quale avverrà poi il disastro. Ma nonostante questo, il Roan di Vibo comunicava, in una telefonata successiva alla Guardia costiera di Reggio Calabria, che “dal radar al momento non battiamo nulla“.

“Al fine di procedere ad una compiuta ricostruzione del fatto e comprendere le ragioni sottese a simili scelte operative, al ritardo accumulato nell’operazione della Guardia di finanza ed alla mancata comunicazione della posizione del natante alla Capitaneria di porto – afferma ancora la Procura nel decreto – si cercava di acquisire le comunicazioni di servizio intercorse tra gli operatori della Gdf impegnati nel servizio di quella notte, ma sui server in uso alla Guardia di finanza non veniva ritrovata alcuna traccia audio“. Ed infatti la Procura sottolinea che per le comunicazioni sono stati utilizzati “anche i telefoni privati o di servizio”. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati agli indagati proprio i telefoni personali e di servizio al fine di accertare tutte le comunicazioni che ci sono state a partire dalla notte del naufragio, compreso lo scambio di file audio e video.

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