Papa Francesco rispedisce, senza alcun incarico, a casa sua in Germania l’arcivescovo Georg Gänswein, ex segretario di Benedetto XVI e dal gennaio 2020 solo formalmente prefetto della Casa Pontificia. Il presule dovrà rientrare nella sua arcidiocesi di Friburgo in Brisgovia entro la fine di giugno 2023, lasciando ovviamente anche l’appartamento al quarto piano di Santa Marta Vecchia, in Vaticano, dove si è trasferito da alcuni mesi, dopo aver abitato con Ratzinger per quasi un decennio nel Monastero Mater Ecclesiae, sempre all’interno dello Stato più piccolo del mondo. Bergoglio ha comunicato la sua decisione all’ex segretario di Benedetto XVI nell’udienza che si è svolta il 19 maggio 2023 nella biblioteca privata del Palazzo Apostolico. Era il terzo faccia a faccia tra i due dopo la morte del Papa emerito, avvenuta il 31 dicembre 2022.

In precedenza, infatti, il presule era stato ricevuto da Francesco il 9 gennaio e il 4 marzo. In entrambe le udienze, Gänswein aveva chiesto con insistenza a Bergoglio di avere un incarico, principalmente in Vaticano, dicendosi certo di non avergli mai fornito prova di infedeltà: “Io spero che Papa Francesco si fidi di me, spero di non aver dato un motivo di non fidarsi più”. Tesi che l’ex segretario di Benedetto XVI ha sostenuto in questi mesi in tutte le numerose, e secondo molti in Vaticano inopportune, interviste televisive che ha rilasciato.

Appena quattro ore dopo la morte del Papa emerito, però, era stato annunciato il libro di memorie di Gänswein, intitolato Nient’altro che la verità (Piemme), scritto a quattro mani con il vaticanista Saverio Gaeta. Nel volume, il presule attacca duramente Bergoglio, rivelando peraltro segreti d’ufficio ed eventi del conclave del 2005 che elesse Ratzinger. Monsignor Gänswein racconta anche il momento in cui Francesco lo congedò di fatto dal ruolo di prefetto della Casa Pontificia, ordinandogli di occuparsi esclusivamente di Benedetto XVI: “Restai scioccato e senza parole. Quando provai a replicare, dicendogli che lo facevo ormai da sette anni, per cui potevo continuare ugualmente anche per il futuro, chiuse seccamente il discorso: ‘Lei rimane prefetto, ma da domani non torni al lavoro’. In modo dimesso replicai: ‘Non riesco a capirlo, non lo accetto umanamente, ma mi adeguo soltanto in obbedienza’. E lui di rimando: ‘Questa è una bella parola. Io lo so perché la mia esperienza personale è che ‘accettare in obbedienza’ è una cosa buona’. La mia preoccupazione fu riguardo al modo in cui si sarebbe comunicata la notizia all’esterno, poiché sarebbero certamente stati sollevati interrogativi sulla mia assenza, ma il Pontefice affermò che non era necessario fare nulla e andò via. Tornai al Monastero e durante il pranzo lo raccontai alle Memores e a Benedetto, il quale commentò, tra il serio e il faceto, in modo ironico: ‘Sembra che Papa Francesco non si fidi più di me e desideri che lei mi faccia da custode!’. Gli ho risposto, sorridendo anch’io: ‘Proprio così…, ma dovrei fare il custode o il carceriere?’”. Secondo la ricostruzione del presule, Ratzinger in seguito scrisse a Bergoglio per intercedere per il suo segretario, ma nulla cambiò.

Successivamente, Gänswein si era spinto oltre, dichiarando in un’intervista al Corriere della Sera: “Credo non pochi cardinali avrebbero vissuto bene se Angelo Scola fosse stato Pontefice”. E aveva spiegato che per un porporato vivere bene in un pontificato “significa sentirsi in sintonia non soltanto esteriormente, ma anche interiormente”. Nel libro di memorie, l’arcivescovo scrive anche che Ratzinger non si aspettava l’elezione dell’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires: “Dagli scarni commenti che il Papa emerito si lasciò sfuggire nei giorni immediatamente successivi potei comprendere che il nome di Jorge Mario Bergoglio gli giunse inatteso. Ho pensato, ricordandomi che voci attribuite a cardinali presenti nel conclave del 2005 avevano citato l’arcivescovo di Buenos Aires come un protagonista di quel momento, che forse Benedetto si era fatto il conto che gli anni erano trascorsi anche per il confratello argentino. Piuttosto, mi è sembrato che i suoi pronostici guardassero verso tre figure (ben presenti, del resto, anche nei ‘tabellini’ dei vaticanisti): il settantunenne italiano Angelo Scola, arcivescovo di Milano, il sessantottenne canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, e il sessantatreenne brasiliano Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo”. Lo stesso Ratzinger, nel 2016, ovvero tre anni dopo le sue dimissioni e quindi l’elezione di Bergoglio, aveva affermato, nell’ultimo dei quattro libri intervista scritti con il suo storico biografo Peter Seewald, di essere convinto, al momento della sua rinuncia, che Bergoglio non sarebbe stato eletto al suo posto: “Non ho pensato che fosse nel gruppo ristretto dei candidati”.

Subito dopo la morte del Papa emerito, Gänswein aveva preso di mira anche un provvedimento di Francesco, il motu proprio Traditionis custodes sulla messa tradizionale latina, pubblicato nel 2021, che restringe le liberalizzazioni che erano state concesse, nel 2007, da Benedetto XVI con il motu proprio Summorum pontificum, una delle decisioni più controverse del pontificato di Ratzinger. Il presule aveva affermato che quella scelta di Bergoglio aveva “spezzato il cuore” al Papa emerito. È evidente che tutto ciò ha pesato moltissimo nella decisione presa da Francesco sul futuro di Gänswein. Nell’udienza di congedo del 19 maggio 2023, Bergoglio, infine, ha ricordato al presule che tutti i segretari dei pontefici hanno lasciato il Vaticano al termine del loro servizio e che lui non può di certo essere un’eccezione.

Twitter: @FrancescoGrana

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