Il libro, arricchito dalle testimonianze di Antonio Ricci, Pippo Baudo, Gianni Morandi, Pippo Santonastaso e Ivano Marescotti, è un tourbillon di ricordi e di emozioni che nascono dalla presa diretta e si abbandonano poeticamente nel mito dello spettacolo di un secolo d’oro
Raffaele Pisu, “un uomo per tutti gli spettacoli”. C’è un libro appassionato e gustoso che va letto tutto d’un fiato. Ed è quello che Andrea Maioli, giornalista de Il Resto del Carlino, ha dedicato alla vita, alla carriera, all’umanità girovaga e spontanea del compianto attore e comico bolognese morto nel 2019 a 94 anni. Raffaele Pisu – Mattatori brava gente (Minerva edizioni) ha il dono dello spirito del tempo, e di quei tempi, come la capacità di scorgere i dettagli puntuali della trasformazione pubblica e privata di una celebrità divisa per sessant’anni tra televisione, cinema, teatro, e la mutazione della cultura popolare che l’ha accompagnata concedendogli applausi e oblio in misura diseguale, altalenante e reiterata. Un viaggio in Italia e tra gli italiani ad altezza Pisu che fa sorridere, versare qualche lacrima, scaldare il cuore.
Scrive Maioli: “Pisu è stato parte fondamentale della storia della tv italiana”. Quantità e qualità, direbbe qualcuno. Vengo anch’io, Senza rete, Come quando fuori piove, le pennellate di Carosello e l’azzardo performativo (prima di Rockfeller e meglio di Topo Gigio) con in mano il pupazzo Provolino, Pisu ha vissuto il periodo d’oro dell’intrattenimento da varietà che approda in tv e intanto forgia la maschera bonaria per tanto cinema comico (il fratello Mario lavorò con Fellini) con i musicarelli di Morandi e della Pavone, un film con Risi come L’ombrellone, Padri e figli con Monicelli (Orso d’argento a Berlino nel ’57) e soprattutto quel ruolo tragicomico nella megaproduzione italo russa diretta nel 1964 da Giuseppe De Santis, Italiani brava gente. Un kolossal epico sulla ritirata delle truppe italiane dal fronte russo durante la seconda guerra mondiale che giunge proprio nel tempo in cui cinema popolare e autorialità da box office si fondono nel circuito industriale italiano. Ma il film non va come dovrebbe e Pisu lì sostanzialmente si fermerà nel recitare per il grande schermo fino a quando non sarà Paolo Sorrentino a volerlo ne Le conseguenze dell’amore (2004) per il quale vincerà nientemeno che un Nastro d’Argento. Anche mamma Rai comunque volterà le spalle a Pisu che negli anni settanta dopo la fuga (vera) a Santo Domingo, l’ipotesi ante Farinetti di un Parco del Sorriso da 5mila visitatori al giorno, la medium svizzera che lo mette “in contatto” con la madre, riemerge con arte e intuito lanciando sulle reti locali Grand Bazar, formula provare per credere con prodotti in vendita in diretta, spazio da cui verrà lanciata, pardon si lancerà da sola Wanna Marchi.
E come se non bastasse sul finire degli anni ottanta, il decennio dell’effimero, ecco un’ulteriore rinascita tv per quel signore tutto d’un pezzo che approda a Striscia la Notizia con Ezio Greggio e per due anni fa andare in tilt gli apparecchi auditel. Pisu ha cavalcato il successo senza spingere i tasti dell’autodistruzione e quando il successo si è girato dall’altra parte ha guizzato follemente con il capo orientato verso altri angoli di mondo dove ricrearsi perfino cameriere (è mancato poco, ma la leggenda è realtà) in Australia. Poi c’è quella coda inattesa e buffa, dopo diverse compagne e figli, nel 2015 quando sbuca persino il figlio nascosto e mai conosciuto, frutto di una relazione fugace con una donna proprio durante la lavorazione de L’ombrellone. Così dopo Barbara, Cristina, Marianna e Antonio (oggi attore), ecco Paolo Rossi Pisu che si presenta a Imola a casa di Raffaele con una letterina: sono tuo figlio anche se per 50 anni ho vissuto con un altro papà. L’ultimo arrivato in casa Pisu accolto e coccolato come fosse il primo, e che oggi con la sua casa di produzione Genoma produce film di rilievo internazionale dove sarebbe potuto finire anche il babbo (e che ci è finito protagonista come in Nobili bugie nel 2017 quando recitò assieme a Claudia Cardinale e Giancarlo Giannini). Infine, ricordiamo che nel ricomporre una vita lunga quasi un secolo Maioli ha scavato con quel diletto tipico di chi ama autenticamente il soggetto analizzato e raccontato. Il libro, arricchito dalle testimonianze di Antonio Ricci, Pippo Baudo, Gianni Morandi, Pippo Santonastaso e Ivano Marescotti, è un tourbillon di ricordi e di emozioni che nascono dalla presa diretta e si abbandonano poeticamente nel mito dello spettacolo di un secolo d’oro.