Per vent’anni Pasquale ha lavorato alla catena di montaggio dello stabilimento Stellantis (ex Fiat) di Mirafiori dove “una Panda esce ogni due minuti e si hanno pochi secondi per svolgere ogni azione”. Non è mai stato a ma sperava di venirci per la prima volta per vedere la Torre Eiffel e non per difendere la dignità sua e dei suoi colleghi. Così il 2 giugno è salito sul bus organizzato dalla Fiom insieme a delegati e lavoratori da tutti gli stabilimenti d’Italia per andare a protestare sotto la sede Stellantis di Poissy a Parigi. Oltre mille chilometri per chiedere “un confronto vero con Stellantis sui temi delle condizioni di lavoro che sono in netto arretramento e sulle prospettive di futuro”. Il sindacato avrebbe voluto fare il confronto a Torino ma fino a ora l’azienda “è rimasta sorda” spiega Mimmo, delegato Fiom di Pomigliano.
E così si sono messi in viaggio perché “se Tavares non va dagli operai, gli operai vanno da Tavares” aggiunge un altro lavoratore. Sul bus si respira un’aria di preoccupazione per il futuro. Non solo per gli stabilimenti Stellantis ma anche per quelli dell’indotto, a Melfi come a Bari. “La posta in gioco è altissima: a rischio ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro” racconta Ciro, delegato di Bari. E intanto negli stabilimenti le condizioni sono peggiorate. “Non c’è il tempo per respirare o per bere un goccio d’acqua d’estate – spiega Michela, da trent’anni in fabbrica – è sempre stata dura, ma prima si riusciva a contrattare, oggi no, mancano gli interlocutori”. Non solo a livello aziendale, ma anche a livello politico. “Il governo non è capace di richiamare alle proprie responsabilità un’azienda che da anni vive grazie agli ammortizzatori” aggiunge Ciro. La notte in viaggio è lunga, si canta Bella Ciao, e dopo dodici ore di viaggio si arriva davanti allo stabilimento di Poissy. Ad attendere il bus ci sono i sindacalisti della Cgt francese. Si scambiano i gillet e le bandiere ricordando che “la battaglia è comune, in Francia e in Italia, per difendere le condizioni di lavoro dei dipendenti”.
Alle undici, i sindacati vengono ricevuti da una delegazione aziendale, ma non dall’amministratore delegato Tavares: “Dunque per noi il punto rimane aperto – spiega il segretario Michele De Palma – siamo venuti qui con una proposta e adesso sta all’azienda decidere se il piano è quello del confronto o quello dello scontro”. Ma una volta tornati in Italia il messaggio sarà rivolto al governo: “Presidente Meloni, da che parte stai? Con i lavoratori che chiedono dignità o con l’azienda? – si chiede il segretario generale – oggi siamo a Chigi, domani saremo a Chigi”.