“Urbano Cairo ha mai ricevuto telefonate o lamentele per la presenza di Salvatore Baiardo a Non è l’Arena la trasmissione condotta da Massimo Giletti che è stata improvvisamente sospesa?”. “No”, risponde il proprietario di La 7, intervistato da Francesca Fagnani al Festival della tv di Dogliani. Un evento pubblico, i cui contenuti sono stati riportati da La Stampa e dal Corriere della Sera, durante il quale Cairo ha risposto per la prima volta alle domande sulla fine della trasmissione di Giletti.
Ma se non ha ricevuto lamentele su Baiardo, l’uomo che ha profetizzato l’arresto di Matteo Messina Denaro e che negli anni ’90 gestiva la latitanza dei fratelli Graviano in Nord Italia, perché ha deciso di chiudere Non è l’Arena nonostante mancassero ancora nove puntate alla fine della stagione? Cairo prima precisa che ” Giletti ha fatto sei anni e 194 puntate su La7, potendo lavorare in piena autonomia”. Poi sostiene: “Va detto che nell’ultimo biennio i costi della trasmissione erano diventati insostenibili. Lui si era impuntato di passare dalla domenica al mercoledì, un’operazione che gli ha fatto perdere quasi due punti di share mai recuperati nonostante poi sia tornato alla domenica”. Ma se la trasmissione costava tanto non si poteva farlo notare al conduttore? O magari diminuire il budget? “Per i costi – dice Cairo – ne avevo parlato del resto con lo stesso Giletti e Mazzi, il suo agente o amico non ho ben capito, già nel mese di gennaio”. L’editore di La 7 e del Corriere rivendica la scelta: “Ho deciso di chiudere prima, parlandone con l’amministratore delegato e il direttore di rete, senza l’ingerenza di nessuno. La motivazione è solo editoriale”. Poi s’infervora: “Ho chiamato Mentana e gli ho detto: chiude Giletti, non La7. Se ci sono cose così importanti di cui parlare, ci sei tu, ci sono Floris, Purgatori, Formigli”.
Fagnani chiede a Cairo se fosse a conoscenza di quanto raccontato da Giletti ai pm di Firenze e cioè che Baiardo gli aveva mostrato una foto che ritrae Silvio Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino. “No, Giletti non me ne ha mai parlato. Come detto, aveva autonomia e io mi sono fidato”, risponde l’editore. Che poi nega pure di essere stato convocato dai magistrati: “Non mi ha cercato nessuno”. Sulla questione dei costi Cairo torna poco dopo, quando risponde a una domanda su Fabio Fazio. “Contattai Fazio sei anni fa, andai a casa sua a pranzo, fu un buon incontro ma lui decise di restare in Rai”.
Fagnani lo incalza: “Cairo lei Fazio se lo poteva permettere?”. “Se mi sono permesso Giletti potevo permettermi anche Fazio”, risponde il patròn di La 7 e del Corriere.
Durante l’intervista Cairo si spreca in elogi per Silvio Berlusconi, il suo primo datore di lavoro. “È stato un grande maestro per me, mi ha insegnato a non mollare mai, a motivare le persone.Perché gli sono piaciuto? Per l’intraprendenza. Non piacevo a Marcello dell’Utri? A quanto pare”. Ma perché Cairo fu cacciato dalla Mondadori? “L’allora amministratore delegato Franco Tatò, un altro grande maestro – racconta l’editore – mi comunicò che avevano deciso di spostarmi a Pagine Utili. Io dissi va bene, ma voglio il 50% di quella società. Dopo un mese sono stato licenziato. Ricca liquidazione? Stendiamo un velo pietoso. Mi rimboccai le maniche e fondai la Cairo pubblicità, per i primi contratti con Rcs facevo tutto io”. Poi arriva anche la smentita sull’indiscrezione delle ultime settimane: Cairo sarebbe alla guida di una cordata creata per acquistare Mediaset. “Non c’è nulla di vero“, dice lui.