“I meloni? Non conviene neanche raccogliergli, molti li portano al macero”. È la triste storia dell’ennesimo prodotto d’eccellenza, che traina l’economia di alcuni territori della Sicilia. A causa del cambiamento climatico e dell’aumento dei costi di produzione dovuti al rincaro energetico, però, raccogliere i meloni sull’isola non conviene più. Alessandro Morgana è un imprenditore di Palma di Montechiaro, patria del cantalupo, in provincia di Agrigento, e come gli altri suoi colleghi deve affrontare una stagione che si prospetta senza utili: “Vendiamo il nostro prodotto a 10/20 centesimi fino a qualche mese fa, mentre oggi arriviamo a 30/40 centesimi, quando a noi però un chilo costa circa 60/70 centesimi. Una piantina produce 7 chili circa di prodotti e noi siamo sicuri di perdere, quindi molti neanche li vendono e li mandano al macero”.

Vendere i meloni confezionato all’ingrosso, dove poi vengono rivenduti ai distributori dei supermercati, non è conveniente. Anche perché è aumentato il prezzo dei prodotti di imballo, cassette e plastica: ecco perché si decide di buttare tutto al macero, sprecando così una stagione di lavoro. La stessa fine che ha fatto alcuni mesi fa l’uva da tavola, un altro importante prodotto dell’economia della provincia di Agrigento,. “Ci stanno portando a morire – denuncia ancora Morgana – come se non bastasse la crisi energetica e l’innalzamento dei costi di produzione, quest’anno il cambiamento climatico ha portato a una sovrapproduzione che ha fatto inflazionare il prezzo, considerata anche la richiesta inferiore”. Oltre il danno, però, c’è anche la beffa: “La cosa che ci fa rabbia è che poi al supermercato troviamo il nostro prodotto a più di due euro al chilo, allora vuol dire che qualcosa non funziona, ci sono troppi passaggi intermedi e così ci perdiamo noi produttori”.

Il caso ha portato all’intervento anche il sindaco di Palma di Montechiaro, che in una annata di produzione eccezionale ma di poca richiesta rispetto all’offerta, si appella al ministro Francesco Lollobrigida: “Quello degli agricoltori è un grido di disperazione – spiega il primo cittadino Stefano Castellino – faccio un appello al ministro: c’è la necessità che questo prodotto venga consumato da noi italiani per consentire un minimo guadagno che oggi manca e che sta mettendo in ginocchio la nostra comunità. L’uva Italia, il melone retato e le altre produzioni non possono rimanere nelle celle frigorifere, è un crimine contro i nostri agricoltori”. Altro che celle frigorifere, però, visto che orma molti decidono di lasciare nei campi i meloni: non conviene neanche raccoglierli. “Il prezzo di vendita non ci permette neanche di ripagare il nostro lavoro manuale, che poi + la nostra fatica. Chiediamo un intervento del governo per preservare il settore, c’è chi ha mutui e tasse da pagare e quest’anno non guadagnerà, con l’uva Italia era stato dichiarato lo stato di crisi ma non è stato fatto nulla”.

Il caso è approdato anche alla Camera con una interrogazione della deputata del Pd, Giovanna Iacono: “È evidente che si crea una situazione insostenibile per i produttori – dice – il paradosso è che i prezzi così alti nei supermercati allontanano la clientela che dirotta le scelte su altri prodotti più economici”. La parlamentare dem ha chiesto al governo di convocare una riunione con i produttori e la rete della grande distribuzione per verificare le discrepanze tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita da parte dei distributori: “Verificheremo le ragioni di questa differenza per porre rimedio a un fenomeno speculativo che penalizza questo comparto di qualità”.

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