“In generale, mi sembra prevalere un tratto comune nella legislazione degli ultimi anni: una sorta di rassegnata tendenza a sacrificare i controlli sull’altare della necessità di sostenere l’economia, dimenticando che l’indebolimento dei controlli, innanzitutto quelli spettanti alla stessa pubblica amministrazione, riduce l’efficacia stessa delle riforme e delle manovre finanziarie, acuisce le disuguaglianze sociali, sacrifica la trasparenza del mercato, agevola l’espansione affaristica delle mafie e, infine, indebolisce l’autorevolezza della pubblica amministrazione e la fiducia dei cittadini nello Stato”. Parola di Giovanni Mellilo, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, che in una lunga intervista a La Stampa ha risposto tra l’altro a domande sulla cancellazione dei controlli da parte della Corte dei conti e l’intenzione annunciata dal governo di eliminare il reato d’abuso d’ufficio con il pretesto che l’applicazione del Pnrr e l’utilizzo dei fondi imponga rapidità. Il magistrato, già procuratore capo a Napoli, si dice “preoccupato anche dal rischio che all’indebolimento dei controlli preventivi segua la drammatizzazione dell’impatto di quelli affidati al giudice penale, con tutto il carico di contrapposizione polemica fra istituzioni della Repubblica che puntualmente ne seguirebbe”.
Sull’abolizione dell’abuso d’ufficio Melillo aveva offerto la sua riflessione dalla Commissione Giustizia della Camera, che sta esaminando le tre proposte di legge in materia presentate da Forza Italia e da Azione sottolineando che l’eliminazione di questo reato “viola gli obblighi internazionali anticorruzione” e che nella Pubblica amministrazione “i controlli non esistono, ma non se ne parla”. Al quotidiano di Torino il magistrato aggiunge: “Per quanto comprenda tutta la serietà della preoccupazione di non rallentare l’impiego di quelle enormi risorse finanziarie, faccio fatica ad accettare una radicale contrapposizione fra la rapidità dei processi decisionali della pubblica amministrazione e la stessa idea di controlli efficaci, poiché i controlli sono parte essenziale dei processi di spesa pubblica. Il Paese ha certo il dovere di impiegare al più presto quelle risorse, ma anche di farlo bene, evitando che esse si disperdano nei mille rivoli degli abusi e della corruzione ovvero finiscano nelle mani della criminalità mafiosa“.
“Se si riflettesse sul fatto che il 70% delle opere pubbliche incompiute si trova nelle regioni meridionali – evidente riflesso, da un lato, di una storica, maggiore debolezza in quelle aree del Paese delle funzioni pubbliche e, dall’altro, della maggiore gravità dei relativi fenomeni criminali – forse si attenuerebbe la contrapposizione polemica – prosegue Melillo – fra la necessità di spendere presto e il dovere di farlo anche bene. Diverrebbe magari possibile anche ragionare intorno a un’idea condivisa di controlli non paralizzanti ma sempre rigorosi ed efficienti”. Anche l’idea di una riforma generale dei reati contro la pubblica amministrazione non piace al procuratore che invece ritiene possibile “raggiungere un maggiore equilibrio del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma mi piacerebbe che questa discussione riguardasse anche le lacune normative che ostacolano le indagini, come quelle rivelatesi nella disordinata stagione del massiccio ricorso ai finanziamenti edilizi e pandemici”.
Una possibile soluzione a raggiungere un equilibrio tra controlli e fluidità delle procedure potrebbe essere quello di applicare “il principio che chiunque riceve denaro pubblico debba dare conto di come lo impiega e che l’uso di tale denaro sia tracciabile, agevolando i controlli successivi. Ma anche nei limitati campi nei quali oggi è sancito l’obbligo di usare conti correnti dedicati, appunto per consentire il monitoraggio dei relativi flussi finanziari, come, ad esempio è previsto sin dal 2014 per le imprese che partecipano alle grandi opere, quel sistema di controllo funziona poco e male. Eppure si tratta di regole imposte dall’Unione europea, che consentirebbero efficaci controlli, senza frenare l’azione della pubblica amministrazione e delle imprese e anzi contribuendo a garantirne correttezza e trasparenza. La stagione del Pnrr imporrebbe di estendere e dare efficienza a questo tipo di controlli. Le proposte tecniche per farlo non mancano”.
Senza dimenticare che i controlli di questo tipo possono essere anche un argine alle infiltrazioni mafiose e in generale della criminalità organizzata: “La relazione diretta fra l’efficacia dei controlli interni alla pubblica amministrazione e la capacità del nostro sistema di contrastare la criminalità mafiosa può essere osservata anche attraverso la lente offerta dal ricorso allo scioglimento delle amministrazioni locali sottoposte a condizionamenti mafiosi. Un fenomeno certo agevolato dalla debolezza delle funzioni di controllo, che consente di fotografare un altro elemento: il crimine mafioso è largamente proiettato verso il condizionamento corruttivo della pubblica amministrazione e il controllo di sempre più estese aree del tessuto produttivo. Le stesse leadership criminali – spiega Melillo – si selezionano sulla base delle attitudini a governare i processi decisionali e le tecnologie essenziali alla gestione delle reti d’impresa che ruotano attorno ai cartelli e che attraversano quasi tutti i settori economici, dal commercio degli idrocarburi a quello dei metalli, dagli appalti pubblici alla gestione del ciclo dei rifiuti, dal lavoro interinale alla logistica e alla distribuzione commerciale. L’intera architettura del sistema delle frodi fiscali e delle false fatturazioni ormai ruota intorno a circuiti societari largamente controllati da camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra, integrandosi strutture e strategie criminali che immaginiamo separate e lontane. Le imprese mafiose attraggono nella loro sfera d’influenza imprese che mafiose non sono, ma che praticano lo stesso linguaggio della frode fiscale e della corruzione. L’identità di linguaggi moltiplica la capacità di espansione affaristica delle mafie nell’Italia centro-settentrionale come nel resto dell’Europa”.