Non mi iscrivo al Pd, a differenza dei colleghi di Articolo 1. Non saremo ovviamente in contrapposizione, anzi. Ma sono convinto che il centrosinistra debba avere un’area plurale in grado di arrivare al 51% e il Pd da solo, mi auguro, può arrivare al 30%, ma non basta“. A dirlo a Repubblica è Paolo Ciani, senatore 53enne scelto a sorpresa da Elly Schlein tra i nuovi vicepresidenti del gruppo Pd-Italia democratica e progressista. “Sicuramente è stato un segno di attenzione da parte della segretaria ai cattolici in generale, ma io non sono del Pd, quindi non posso dire: ora i cattolici si sentono a casa nel Pd”, afferma. Pur essendo stato eletto nelle liste dem, Ciani non è infatti iscritto al partito ma è il segretario di un’altra forza politica, DemoS (Democrazia solidale), di ispirazione cristiano-sociale. Che non ha nessuna intenzione di sciogliere: “In molte elezioni locali abbiamo continuato a partecipare col nostro simbolo, come alle ultime regionali del Lazio”, dice.

Il senatore ha fatto parlare di sè soprattutto lo scorso gennaio, per aver votato – unico del suo gruppo – contro il decreto Ucraina che prorogava l’autorizzazione l’invio di armi fino alla fine del 2023. A Repubblica spiega la scelta così: “Ho molti amici fraterni in Ucraina, che sono stati sotto le bombe o che sono scappati, a cui abbiamo dato aiuto come Sant’Egidio (Ciani è membro della Comunità, ndr) e anche io personalmente. Però il tema è come aiutare Kiev a superare questa guerra. Non credo nella vittoria militare, cioè armare l’Ucraina perché possa vincere. Nel nostro popolo questa discussione c’è, è un fronte molto più ampio di come è rappresentato nei numeri del gruppo”, garantisce. Il Pd la scorsa legislatura ha fatto una scelta legittima, dopo una novità sconvolgente e mentre sosteneva un governo di unità nazionale, ma ora dopo un anno e mezzo di guerra il partito può evolvere in nuove posizioni. Si può anche cambiare parere. Il no alle risorse del Pnrr per le munizioni è stato un salto di qualità, non sbagliato“.

L’intervista scatena le reazioni dell’area liberale del partito. “Stimo e rispetto Paolo Ciani, la sua storia, la sua integrità. Sono cattolico, apostolico, romano e del Pd, ce le ho tutte. Ma il mio sostegno fino alla fine all’Ucraina e alla resistenza contro l’aggressione della Russia non vacillerà, non cambierà”, scrive il deputato Filippo Sensi, ex portavoce di Matteo Renzi. Più dura la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno: “Paolo Ciani diventa vicecapogruppo del gruppo del Pd, dichiara di non volersi iscrivere al nostro partito ma di volerne cambiare la linea sull’Ucraina. Grande confusione sotto il cielo. Una cosa però mi pare importante ribadirla: il sostegno del Pd alla resistenza ucraina non cambia e non cambierà”. Anche Piero Fassino sottolinea che “non si cambia la linea del Pd sull’Ucraina con una intervista. E in ogni caso sarebbe un errore”. Tanto che lo stesso Ciani deve subito aggiustare il tiro: “Le mie parole non volevano essere una presa di distanza, ma miravano a sottolineare come alcune miei posizioni non impegnano certo né il gruppo né il partito. Come è sempre stato per gli eletti indipendenti della sinistra, possono coesistere su alcune specifiche questioni punti di vista diversi senza che questi costituiscano profonde fratture”, dichiara con una nota.

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