“Mi trovavo al bar Primo Kilometro, in zona Fiera. Ero con un amico, stavamo bevendo una birra e un caffè. Improvvisamente è arrivata una macchina della polizia, sono scesi due agenti, sono venuti subito da noi. E ci hanno chiesto i documenti”. Inizia così il racconto di Nicolae Daju, una delle persone trascinate sull’urina nella questura di Verona. Era il 14 ottobre dello scorso anno e le violenze che il 56enne romeno ha subito all’interno della cella sono uno degli episodi più crudi contestati agli agenti della polizia arrestati martedì, anche con l’accusa di tortura. L’uomo viene fatto salire nella volante, ma “prima di farmi entrare all’interno mi hanno spruzzato in faccia lo spray urticante”, sottolinea.

C’era un modo, una sua opposizione? “Non avevo fatto niente sostiene”. All’arrivo negli uffici, secondo il suo racconto, è Alessandro Migliore – considerato il ‘capobanda’ dei poliziotti finiti sotto accusa – ad afferrarlo per i capelli: “Mi ha trascinato di peso, fino a rinchiudermi dentro una cella con una parete trasparente”, ricorda intercettato da Repubblica. Nessuna reazione da parte sua, perché “avevo paura”. Quindi spiega l’umiliazione di essere trascinato nella sua urina: “Avevo bisogno di andare al bagno, con urgenza. Ho cercato di attirare l’attenzione di un poliziotto gesticolando attraverso la parete trasparente”. Ma, aggiunge, “mi hanno detto che non era possibile andare al bagno e che avrei dovuto farla a terra”.

Così fa pipì in un angolo della cella: “Appena ho finito di urinare un poliziotto è entrato dentro come una furia. Mi ha spruzzato in faccia lo spray urticante ancora una volta e poi mi ha trascinato a terra sopra la pozza di urina”. Daju sottolinea che subito dopo, appena si è rialzato, “il primo poliziotto mi ha colpito con un pugno all’altezza del fegato”. Ore di violenza terminate attorno alle 21, quando “mi hanno accompagnato alla porta e lasciato andare”.

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